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Jean-François Millet | Pittore Realista

Jean-François Millet (Gréville-Hague, 4 ottobre 1814 – Barbizon, 20 gennaio 1875) è stato un pittore Francese, considerato uno dei maggiori esponenti del Realismo.

Biografia

Jean-François Millet nacque il 4 ottobre 1814 a Gréville-Hague, in Normandia, primogenito di Jean-Louis-Nicolas ed Aimée-Henriette-Adélaïde Henry Millet, entrambi poveri contadini. Millet iniziò la sua precoce ma irregolare formazione su iniziativa dei genitori, che lo affidarono ad alcuni precettori privati, per poi proseguire gli studi a Cherbourg, dove giunse nel 1833 a studiare pittura sotto la guida del ritrattista Paul Dumouchel, senza per questo trascurare di aiutare la famiglia nel duro lavoro dei campi.



Nel 1835 passò a Lucien-Théophile Langlois, un emulo di Baron Gros, e nel 1837 grazie a una borsa di studio si trasferì a Parigi per frequentare l'École des Beaux-Arts sotto la direzione del pittore Paul Delaroche.

Fu nella capitale francese che Millet esordì senza gloria, al Salon del 1839.
Tornato a Cherbourg nell'inverno 1840-1841 vi incontrò Pauline-Virginie Ono, fanciulla della quale si invaghì perdutamente e che fu la sua prima moglie: purtroppo morì precocemente, tre anni dopo le nozze, lasciando l'artista sopraffatto dal dolore.
Millet, in ogni caso, decise inizialmente di dedicarsi alla ritrattistica, genere che nella piccola Cherbourg riusciva a fruttargli qualche commissione, per poi adattarsi pur di vivere a una mediocre produzione di dipinti a soggetto mitologico.


Fu nel 1846-47 che Millet strinse amicizia con Constant Troyon, Narcisse Diaz, Charles Jacque e Théodore Rousseau, artisti che formeranno il primo nucleo della scuola di Barbizon. Fu grazie a questi incontri che Millet iniziò a dedicarsi alla vita contadina, il tema più vicino alla sua sensibilità artistica.
Nel 1848 iniziò a riscuotere i primi successi al Salon, che ospiterà le sue tele sino al 1865: tra le sue tele più acclamate vi fu Il seminatore (1850), tela che, pur venendo aspramente criticata dalle firme più conservatrici, riscosse i plausi dei repubblicani e dei critici di sinistra.
Sotto l'influsso dei Barbizonniers, nel giugno 1849, Millet decise di trasferirsi definitivamente a Barbizon, sfruttando una piccola somma stanziatagli dallo Stato. L'artista sarebbe rimasto in questo paesino per il resto della sua vita, allontanandosene raramente in occasioni di due viaggi a Cherbourg, (1854, 1870) ed a Vichy (1866, 1868).

Fu proprio qui, tra l'altro, che licenziò le sue opere più celebri, come "L'Angelus" e "Le spigolatrici", consolidando gradualmente la sua fama e arrivando persino a essere insignito del Cavalierato della Legion d'onore.

Jean-François Millet | Le spigolatrici, 1857| Museo d'Orsay

Morì sessantenne a Barbizon, il 20 gennaio 1875.


Temi

Dopo gli esordi, indirizzati alla produzione di ritratti e di dipinti a soggetto storico-mitologico ed erotico-galante, Millet si orientò definitivamente verso la fonte più vera e sentita della sua ispirazione artistica: la vita agreste. I suoi quadri, in tal senso, furono rivoluzionari, poiché egli conferì ai suoi contadini una solennità e una dignità quasi eroica che verranno interpretati, in un clima segnato dalle lotte di classe, come un forte segno di emancipazione.

Ispirandosi a un quadro millettiano Victor Hugo nel 1866 avrebbe celebrato «il gesto augusto del seminatore», e lo stesso Millet era consapevole della forza eroica dei suoi contadini, tanto che nel febbraio del 1851 scrisse:

«Come potete capire dai titoli, non ci sono donne nude o soggetti mitologici. Voglio cimentarmi con temi diversi da questi, che sento non essermi vietati, ma che non vorrei essere costretto a fare […] e questo perché, a costo di passare ancor più per socialista, è il lato umano, schiettamente umano, quello che in arte mi tocca di più; e, se potrò fare ciò che voglio, o almeno provarci, non farò nulla che non sia il risultato di impressioni ricevute dall'aspetto della natura, sia essa paesaggio o figure. E non è mai il lato gioioso quello che mi appare; non so dove sia e non l'ho mai visto. Ciò che di più allegro conosco è questa calma, questo silenzio di cui si gioisce così intimamente all'interno del bosco o sui campi arati. Mi direte che questo discorso è molto da sognatore, di un sogno triste, anche se certo dolcissimo [...] ma è lì, secondo me, che si trova la vera umanità, la grande poesia»

Attuando una vera e propria «epopea dei campi», Millet fu in grado di raccontare la vita dei contadini con vivissima vicinanza affettiva, analizzando la loro semplice e faticosa quotidianità nei campi in tutte le sue fasi e in ogni momento della giornata, dall'alba al tramonto.


Stile

Dal punto di vista stilistico Millet fu assai sensibile all'offensiva realista di Gustave Courbet, dal quale prese ispirazione nel realizzare quadri diretti e privi di abbellimenti e dipingervi soggetti sino ad allora considerati triviali ed indegni di rappresentazione pittorica (in questo caso il lavoro quotidiano dei contadini).
A differenza degli altri pittori realisti, tuttavia, Millet non utilizzò i suoi dipinti come strumento di denuncia sociale e, anzi, spesso li ricolmò con intensi coinvolgimenti lirici e sentimentali: questo fu uno degli aspetti più criticati dagli altri artisti e critici, come Cézanne, che paragonava i dipinti di Millet ad una «vecchia ghiandola lacrimale».
Malgrado ciò, le opere millettiane si distinguono per l'essenzialità geometrica delle forme, la regolarità e armonia delle composizioni, il meditato equilibrio tra le luci e le ombre e per il bilanciamento tra macchie e tonalismi dei colori: sono tutte caratteristiche che rivelano un'impostazione classica, oltre che una ponderata riflessione compiuta sugli archetipi rinascimentali.
Le figure umane presentano un corpo modellato con energica plasticità e hanno atteggiamenti ben definiti: al contrario, i dettagli del dipinto non sono analiticamente descritti, bensì sono appena accennati e fissati nella loro essenzialità.
Le pitture di Millet ebbero vastissima eco e furono in molti a subire il suo influsso: speciale menzione meritano Pissarro, Seurat, Gauguin, Segantini, Knight e, soprattutto, Van Gogh.


L'uomo Millet

Il francese Nadar, noto fotografo e vignettista, nel corso della sua carriera ci ha lasciato diversi ritratti caratteriali di Jean-François Millet. In una caricatura pubblicata il 24 luglio 1852 su Le journal pour rire, infatti, Nadar sceglie di ritrarre Millet nelle vesti di un artista-contadino, con addosso un paio di zoccoli e una vanga, una pala e una tavolozza di colori in mano.
Il disegno era accompagnato da un testo garbato ma beffardo:
«Talento ingenuo e malinconico come la natura della quale egli è l'interprete fedele e fervente, Millet ama i falciatori di fieno, i vagliatori, gli addetti alla vendemmia, alla mietitura: predilige i lavori dei campi, issa i fasci al granaio, controlla la lavanderia e il frantoio e dà un'occhiata alla stalla prima di sbattere la panna nella zangola al caseificio».

Millet, tuttavia, era un uomo dalla doppia matrice caratteriale. Se quand'egli era a Barbizon sembrava un uomo semplice, desideroso di sembrare simile ai contadini ritratti nei suoi dipinti, lo stesso non si può dire quando soggiornava a Parigi, dove tutto a un tratto diveniva ansioso di trasmettere un'immagine di sé contegnosa e rispettabile. Nella fotografia che Nadar scattò a Millet negli anni 1850, infatti, il pittore veste un abito alla moda e adotta un portamento fiero, imponente e robusto, e sembra quasi una persona severa.

Questa foto, d'altronde, collima perfettamente con il ritratto fisiognomico offertoci dagli amici di Millet, che del loro compagno dissero:
«Egli era di statura superiore alla media; corpulento, con un collo taurino e mani da coltivatore. I capelli scuri e buttati all'indietro scoprivano una fronte sottile e volitiva, resa più interessante ed espressiva da sopracciglia corrugate, occhi di un blu molto scuro e socchiusi [...]. Il suo iniziale riserbo corrispondeva alla sua conversazione misurata e dai toni un po' dottorali».















Jean-François Millet (October 4, 1814 - January 20, 1875) was a French painter and one of the founders of the Barbizon school in rural France. Millet is noted for his scenes of peasant farmers; he can be categorized as part of the Realism art movement.

Legacy

Millet was an important source of inspiration for Vincent van Gogh, particularly during his early period. Millet and his work are mentioned many times in Vincent's letters to his brother Theo.
Millet's late landscapes would serve as influential points of reference to Claude Monet's paintings of the coast of Normandy; his structural and symbolic content influenced Georges Seurat as well.


Millet is the main protagonist of Mark Twain's play Is He Dead? (1898), in which he is depicted as a struggling young artist who fakes his death to score fame and fortune. Most of the details about Millet in the play are fictional.
Millet's painting L'homme à la houe inspired the famous poem "The Man With the Hoe" (1898) by Edwin Markham.
His poems also served as the inspiration for American poet David Middleton's collection The Habitual Peacefulness of Gruchy: Poems After Pictures by Jean-François Millet (2005).

The Angelus was reproduced frequently in the 19th and 20th centuries.

Salvador Dalí was fascinated by this work, and wrote an analysis of it, The Tragic Myth of The Angelus of Millet. Rather than seeing it as a work of spiritual peace, Dalí believed it held messages of repressed sexual aggression. Dalí was also of the opinion that the two figures were praying over their buried child, rather than to the Angelus.
Dalí was so insistent on this fact that eventually an X-ray was done of the canvas, confirming his suspicions: the painting contains a painted-over geometric shape strikingly similar to a coffin.
However, it is unclear whether Millet changed his mind on the meaning of the painting, or even if the shape actually is a coffin.


The Gleaners

Jean-François Millet | The Gleaners, 1857 | Musée d'Orsay, Paris

This is one of the most well known of Millet's paintings, The Gleaners (1857).
While Millet was walking the fields around Barbizon, one theme returned to his pencil and brush for seven years - gleaning - the centuries-old right of poor women and children to remove the bits of grain left in the fields following the harvest.
He found the theme an eternal one, linked to stories from the Old Testament.
In 1857, he submitted the painting The Gleaners to the Salon to an unenthusiastic, even hostile, public.
(Earlier versions include a vertical composition painted in 1854, an etching of 1855–56 which directly presaged the horizontal format of the painting now in the Musée d'Orsay.)

A warm golden light suggests something sacred and eternal in this daily scene where the struggle to survive takes place. During his years of preparatory studies, Millet contemplated how best to convey the sense of repetition and fatigue in the peasants' daily lives.
Lines traced over each woman's back lead to the ground and then back up in a repetitive motion identical to their unending, backbreaking labor.
Along the horizon, the setting sun silhouettes the farm with its abundant stacks of grain, in contrast to the large shadowy figures in the foreground.
The dark homespun dresses of the gleaners cut robust forms against the golden field, giving each woman a noble, monumental strength.





The Angelus

Jean-François Millet | The Angelus, 1857-1859 | Musée d'Orsay, Paris

The painting was commissioned by Thomas Gold Appleton, an American art collector based in Boston, Massachusetts.
Appleton previously studied with Millet's friend, the Barbizon painter Constant Troyon. It was completed during the summer of 1857.
Millet added a steeple and changed the initial title of the work, Prayer for the Potato Crop to The Angelus when the purchaser failed to take possession of it in 1859.
Displayed to the public for the first time in 1865, the painting changed hands several times, increasing only modestly in value, since some considered the artist's political sympathies suspect.
Upon Millet's death a decade later, a bidding war between the US and France ensued, ending some years later with a price tag of 800,000 gold francs.
The disparity between the apparent value of the painting and the poor estate of Millet's surviving family was a major impetus in the invention of the droit de suite, intended to compensate artists or their heirs when works are resold. | Source: © Wikipedia