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L'uomo Renoir

Il figlio di Pierre-Auguste Renoir - Jean Renoir, offre un ritratto fisiognomico e caratteriale assai dettagliato del padre, delineandone anche le abitudini vestiarie e lo sguardo indice del suo carattere al contempo tenero ed ironico:
«Mio padre aveva qualcosa di un vecchio arabo e molto di un contadino francese, con la differenza che la sua pelle, sempre protetta dal sole per la necessità di tenere la tela fuori dai riflessi ingannatori, era rimasta chiara come quella di un adolescente. Quel che colpiva gli estranei che s’incontravano con lui per la prima volta erano gli occhi e le mani.
Gli occhi erano di un marrone chiaro, tendente al giallo; aveva una vista acutissima.
Spesso ci indicava all’orizzonte un rapace che sorvolava la valle della Cagnes, o una coccinella che si arrampicava lungo un filo d’erba nascosto fra gli altri fili d’erba.



Nonostante i nostri occhi di ventenni, eravamo costretti a cercare, a concentrarci, a interrogarlo, mentre lui scovava di colpo tutto ciò che lo interessava, fosse vicino o lontano. Questo per quanto riguarda le caratteristiche fisiche dei suoi occhi.
Quanto all’espressione del suo sguardo, immaginatevi un misto di ironia e di tenerezza, di canzonatura e di voluttà. Sembrava che i suoi occhi ridessero sempre, che scorgessero anzitutto il lato divertente delle cose; ma era un sorriso affettuoso, buono. O forse si trattava di una maschera; era infatti estremamente pudico e non voleva che il prossimo si accorgesse dell’emozione, pari a quella che altri uomini provano nel toccare o nell’ accarezzare, che lo assaliva al solo guardare i fiori, le donne o le nuvole in cielo.
Aveva le mani deformate in maniera spaventosa; i reumatismi avevano fatto cedere le articolazioni ripiegando il pollice verso il palmo e le altre dita verso il polso. I visitatori non abituati a quella mutilazione non riuscivano a staccarne gli occhi; la reazione ed il pensiero che non osavano formulare era questo: “Non è possibile.
Con delle mani simili non può dipingere questi quadri; c’è sotto un mistero!”. Il mistero era Renoir stesso, un mistero appassionante che in questa mia opera tento non di spiegare, ma solo di commentare.


Potrei scrivere dieci, cento libri sul mistero Renoir e non riuscirei a esaurire l’argomento. Dal momento che sto parlando del fisico di Renoir, permettetemi di completarlo rapidamente. Prima che restasse paralizzato era alto circa un metro e sessantasei.
Alla fine, ammettendo che lo si fosse potuto raddrizzare per misurarlo, doveva essere senz’altro un po’ più basso, dato che la colonna vertebrale gli si era lievemente accorciata.
I capelli, un tempo di un castano chiaro, erano bianchi, piuttosto abbondanti sulla nuca, mentre la sommità del cranio era ormai del tutto calva; ma non lo si vedeva perché aveva preso l’abitudine di tener sempre il cappello in testa, anche in casa.
Aveva un naso aquilino ed energico. La sua barba bianca era bellissima e accuratamente tagliata a punta da uno di noi; una strana piega dovuta al fatto che gli piaceva dormire con le coperte tirate molto in su sotto il mento, la inclinava verso sinistra.


Il suo abbigliamento si componeva abitualmente di una giacca dal collo chiuso e di pantaloni lunghi che gli ballavano intorno alle gambe: i due capi erano di stoffa grigia a righe. La cravatta lavallière, azzurra a pois bianchi, era annodata con cura intorno al collo della camicia di flanella.
Mia madre comprava le cravatte in un negozio inglese, perché i francesi hanno lasciato che a poco a poco l’azzurro si tramutasse in ardesia, “un colore triste, e il bello è che nessuno se ne accorge perché la gente non ha occhi.
Il negoziante dice: ‘È azzurro’, e loro ci credono”. La sera, salvo in piena estate, gli si aggiungeva sulle spalle una piccola mantella. Calzava pantofole di feltro larghe e alte, grigie a quadri oppure color marrone, con chiusura metallica.
Quando era fuori, si riparava dal sole con un leggero cappello di tela bianca; in casa portava di preferenza un berretto di tela con i lati ripiegabili, di quel tipo antiquato che i cataloghi dei negozi di novità presentavano agli inizi del secolo col nome di “berretto da automobilista”.
Non aveva certo l’aspetto di un uomo del nostro tempo; faceva pensare a un monaco del Rinascimento italiano» - Jean Renoir (Parigi, 15 settembre 1894 - Beverly Hills, 12 febbraio 1979) regista, sceneggiatore e scrittore Francese, secondo figlio del pittore impressionista Pierre-Auguste Renoir. | Fonte: © Wikipedia




"I've known painters who never did any good work because instead of painting their models they seduced them".
"Ho conosciuto pittori che non hanno mai fatto un buon lavoro perché invece di dipingere i loro modelli li hanno sedotti".
"People love to be nice, but you must give them the chance".
"Alla gente piace essere gentile, ma devi dargli la possibilità".