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Marisa Prete | Crazy Museum

"Images are not just objects to contemplate: they are presences that speak to us, question us, seduce us, take us, grasp us, act on us and we on them" - Marisa Prete.

Marisa Prete from Milan has a degree in philosophy and deals with image and photography, writes for some magazines and manages a blog that deals with art, photography and cinema.

As the author says: "To better understand how generative TTI (text-to-image) models work, there is nothing better than starting to use them".



"Thus was born, almost for fun, the Crazy Museum series, which I have been publishing for a few months and created using DALL·E 3, in which realistic images follow one another set in a non-existent and atypical museum, where visitors actively interact with the paintings or sculptures on display and the frame becomes a fluid space to be crossed to to enter the painted space or to exit it".

















"Le immagini non sono solo oggetti da contemplare: sono presenze che ci parlano, ci interrogano, ci seducono, ci prendono, ci afferrano, agiscono su di noi e noi su di loro" - Marisa Prete.


La milanese Marisa Prete, laureata in filosofia, è appassionata e studiosa di linguaggi visuali, scrive per alcune riviste e gestisce un blog che si occupa di arte, fotografia e cinema.

"Per capire meglio come funzionano i modelli generativi TTI (text-to-image) niente di meglio che cominciare ad usarli" - scrive la Prete nel suo blog.
Nasce così, quasi per gioco, la serie "Crazy Museum", che pubblico da qualche mese e realizzata utilizzando DALL·E 3, in cui si susseguono immagini realistiche ambientate in un museo inesistente e atipico, dove i visitatori interagiscono attivamente con i quadri o con le sculture esposte e la cornice diventa uno spazio fluido da attraversare per entrare nello spazio dipinto o per uscirne fuori".


Il "Crazy Museum" amplifica, con umorismo e pacata ironia, quello che accade quando visitiamo le immagini che abbiamo scelto di conservare in quei luoghi come oggetti di valore e simboli della nostra civiltà: quel corpo a corpo ingaggiato con presenze mai inerti, ma vive e attive che ci chiedono attenzione e sincerità.
Mi diverte l'idea fantastica che il museo sia un mondo che di notte, lontano da sguardi indiscreti, prenda vita e che i personaggi, costretti di giorno a recitare la loro parte, possano finalmente abbandonare la loro posa di austera rappresentanza, stiracchiare le membra intorpidite e scambiare quattro chiacchiere con il vicino di cornice".


"Quando visito un museo mi capita di provare un brivido al pensiero che un ritratto possa animarsi all'improvviso, magari muovere impercettibilmente le pupille, oppure mi soffermo a pensare che forse quella giovane dama seria e agghindata nel suo ingombrante vestito di broccato avrebbe preferito muoversi, correre, uscire libera dal suo palazzo, piuttosto che sottostare alla rigida etichetta di corte.
E che forse le immagini chiedono anche questo, a noi che con tanto sussiego ci rechiamo da loro: ci chiedono di essere liberate, di dare loro più aria e più spazio, di farle uscire da una cornice che le costringe a un messaggio immobile, stereotipato e stantio, che odora di vecchio".