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Giacomo Favretto | Genre painter



The Venetian painter Giacomo Favretto (1849-1887) is one of the most important masters of the Italian Nineteenth century, mainly depicting Genre subjects in his native city.
A true “innovator” of the Venetian school during the second half of the century, he both revived and modernised the unique aspects of great Veneto tradition, from Longhi to Tiepolo - that had been abandoned in the first half of the Nineteenth century in favour of paintings of history and landscape.


Born in Venice into a family of humble origin, Favretto enrolled at the Academy of Fine Arts in 1864, where he trained under Pompeo Molmenti. He was said to have been discovered in a stationer's shop cutting out silhouettes to make a living. By age 30, he had lost sight from one eye.



He presented work in 1873 at the Fine Arts Exposition of the Brera Academy in Milan, where his genre painting attracted the attention of Camillo Boito. Having travelled to Paris with Guglielmo Ciardi in 1878 to take part in the Universal Exhibition, he once again presented work at the Brera in 1880, winning the Prince Umberto Prize. The same year also saw his participation in the Esposizione Nazionale di Belle Arti in Turin with works featuring everyday life in Venice and scenes in 18th-century costume. Confirmation of his success came in 1887 at the Esposizione Nazionale Artistica in Venice, where the works presented included Liston Odierno (Promenade Today in Venice) (1884, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Rome).

In his short but intense career, Favretto was to become a hugely successful painter. He died prematurely in 1887, leaving unfinished on his easel Modern Stroll that might have represented a possible Venetian form of the most modern international trends although it was not until 1895 that the Biennale was to be founded in Venice.


































Figlio di Domenico Favretto, modesto falegname, e di Angela Brunello, il pittore nacque a Venezia l’11 agosto 1849. I primi insegnamenti gli furono impartiti dal conte Antonio de’Zanetti, e dallo zio di questi, il pittore Gerolamo Astolfoni.
Purtroppo la miseria in casa Favretto era grande, e s’imponeva la necessità che anche il ragazzo si guadagnasse il pane. Fu quindi fatto entrare come garzone in una bottega di cartolaio. Lì, nelle ore di quiete si dilettava a delle figurine di persone e di animali che con la matita disegnava, o con innata abilità coglieva i profili dei clienti che frequentavano la cartoleria. Questi schizzi un giorno furono notati da un certo Vincenzo Favenza, antiquario, che li ammirò tanto da insistere col padre del giovane ed ottenere che gli assicurassero un’educazione artistica.
Fatto un esperimento presso lo studio del pittore Antonio Vason, dove apprese le prime nozioni di pittura, Favretto entrò quindi all’Accademia di Belle Arti.
Entrato nel novembre del 1864, continuerà a frequentare l’Accademia fino al1877/’78, anche dopo la conclusione degli studi nel 1870.
Intanto la fama della sua genialità cominciava ad uscire dalla piccola e chiusa Venezia.
Scrive Boito ('Nuova Antologia', 1874): “Nei veneti ci sono due novellini eccellenti, Giacomo Favretto e Luigi Nono…”.


Gli anni a seguire sono tutti di sviluppo per la fama dell’artista, anche se la sua gracilità fisica lo condizionò non poco.
Durante tutti i suoi anni di studio, Favretto si distinse sempre onorevolmente, come dimostrano i premi conseguiti nell’anno accademico 1869-1870.
Nasce a Venezia il “Verismo”, che vedrà in Favretto il maggiore artefice, l’iniziatore, e che probabilmente con la sua morte, nel 1887, in un certo senso chiuderà questo capitolo della pittura veneziana.
Nel 1873 un nuovo capolavoro, La lezione di anatomia, in cui viene risolto attraverso rapporti cromatici e di prospettiva del tutto nuovi.itandosi parecchi primi premi ed i suoi dipinti erano richiesti da privati e commercianti, anche stranieri.
Con “La finta ammalata”, tratta da una commedia di Goldoni, si apre un nuovo capitolo nella sua pittura e, se il soggetto sarà spesso motivo di polemica, non dobbiamo mai dimenticare la qualità pittorica dell’opera, resa da Favretto in maniera coloristica del tutto singolare e personale.


Poiché possedeva una notevole memoria visiva, svolgeva il proprio lavoro senza necessità di alcun modello, dipingendo tutto a memoria.
Nonostante la gloria e la ricchezza non avevano intaccato minimamente il suo spirito ed egli rimase mite e modesto come sempre. Nel 1884 inviava all’Esposizione di Torino cinque quadri, che ottennero un lusinghiero successo di critica e pubblico. Sempre in questo periodo dipingeva quadri famosi come El liston, prezioso studio compositivo ispirato al costume settecentesco, Dopo il bagno, La zanze, La Nina, Susanna e i vecchioni, El me dise rossa mia, Caldo, tanto per citare i più significativi.
La sua breve carriera terminò durante l’Esposizione di Venezia del 1887, che fu per lui un vero trionfo. Non scampò alla febbre tifoide e morì il 12 giugno 1887. Termina così con Favretto, un capitolo glorioso della pittura veneziana dell’Ottocento.