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Sandro Botticelli | Al servizio dei Medici

Le frequentazioni di Botticelli nella cerchia della famiglia dei Medici furono indubbiamente utili per garantirgli protezione e le numerose commissioni eseguite nell'arco di circa vent'anni.
Nel 1475 dipinse il gonfalone per la giostra tenutasi in piazza Santa Croce raffigurante Simonetta Vespucci, musa dalla bellezza epica per tutta la carriera dell'artista, che fu vinto da Giuliano de' Medici.
Nel 1478, dopo la congiura dei Pazzi in cui morì lo stesso Giuliano, a Botticelli fu chiesto di effigiare come appesi i condannati in contumacia su cartelloni da attaccare sul Palazzo della Signoria, lato Porta della Dogana, come anni prima aveva fatto Andrea del Castagno nel 1440 per il complotto antimediceo degli Albizi, che aveva valso all'artista in soprannome di "Andrea degli Impiccati".
Chiaro è come Sandro avesse pienamente abbracciato la causa dei Medici, che lo accolsero sotto la loro ala dandogli la possibilità di creare opere di grandissimo prestigio.



Particolarmente interessante per questo periodo è l'Adorazione dei Magi (1475), dipinta per la cappella funeraria di Gaspare Zanobi del Lama in Santa Maria Novella.
Si tratta di un'opera molto importante perché introdusse una grande novità a livello formale, ossia la visione frontale della scena, con le figure sacre al centro e gli altri personaggi disposti prospetticamente ai lati; prima di questa infatti, si usava disporre i tre re e tutti gli altri membri del seguito lateralmente, a destra o a sinistra, in modo che i personaggi creassero una sorta di corteo, che ricordava l'annuale cavalcata dei Magi, una rappresentazione sacra che si teneva per le vie fiorentine.

Botticelli inserì, anche per volere del committente, un cortigiano dei Medici, i ritratti dei membri della famiglia, per cui si riconoscono Cosimo il Vecchio ed i suoi figli Piero e Giovanni, mentre Lorenzo il Magnifico, Giuliano de' Medici e altri personaggi della corte medicea sono ritratti tra gli astanti, disposti ai lati a formare due quinte, raccordate dalle figure dei due Magi in primo piano al centro.

Ma il motivo iconografico più innovativo è quello della capanna entro cui si trova la sacra famiglia, posta su un edificio diroccato, mentre sullo sfondo si intravedono le arcate di un'altra costruzione semidistrutta su cui ormai è nata l'erba; questo tema avrà in seguito larga diffusione e sarà ripreso anche da Leonardo per la sua Adorazione dei Magi e si basava su un episodio della Legenda Aurea, secondo cui l'imperatore Augusto, che si vantava di aver pacificato il mondo, incontrò un giorno una Sibilla che gli predisse l'arrivo di un nuovo re, che sarebbe riuscito a superarlo e ad avere un potere ben più grande del suo.


Gli edifici in rovina sullo sfondo perciò rappresentano simbolicamente il mondo antico ed il paganesimo, mentre la cristianità raffigurata nella scena della Natività si trova in primo piano perché essa costituisce il presente ed il futuro del mondo; il dipinto costituisce oltretutto un'eccezionale giustificazione, sia in termini filosofici che religiosi, del principato mediceo a Firenze, con una rappresentazione dinastica dei principali esponenti della famiglia nelle vesti dei Magi e degli altri astanti.
Riconducibili a questo periodo sono anche altre opere che, oltre a confermare i rapporti tra Botticelli e la cerchia neoplatonica, rivelano precise influenze fiamminghe sul pittore nel genere del ritratto. Nel primo, il Ritratto d'uomo con medaglia di Cosimo il Vecchio (1474-1475), il personaggio è raffigurato nella posa di tre quarti ed è vestito con il tipico abito della borghesia fiorentina dell'epoca; dopo varie ipotesi, oggi si ritiene che si tratti quasi certamente del fratello orafo di Botticelli, Antonio Filipepi, citato per l'appunto in alcuni documenti dell'archivio mediceo per la doratura di alcune medaglie (quella apposta in stucco sul dipinto venne coniata tra il 1465-1469).
L'unico esempio noto fino ad allora di questa tipologia di ritratto era quello eseguito dal pittore fiammingo Hans Memling intorno al 1470, con cui si riscontrano notevoli somiglianze.
Come era già successo in altri casi però, il richiamo ai modelli fiamminghi costituì il semplice punto di partenza per l'artista che tese in seguito ad astrarre sempre più le figure dal loro contesto.


Nel Ritratto di Giuliano de' Medici (1478), si notano ancora certe influenze fiamminghe, come la porta semiaperta sullo sfondo e la posa del soggetto, un richiamo al cromatismo e all'energico linearismo del Pollaiolo, ma la novità è rappresentata dalla tortora in primo piano che suggerisce una maggiore introspezione psicologica.
Il percorso stilistico di Botticelli in questo genere pittorico appare concluso nei ritratti successivi come dimostra il Ritratto di giovane, realizzato dopo il 1478 e dominato dal linearismo formale che non esita a sacrificare la storica conquista del primo Rinascimento fiorentino: lo sfondo è totalmente assente e l'immagine completamente trasfigurata da ogni contesto perché la terza dimensione non è più considerata indispensabile per conferire realismo alla scena.
Nella dichiarazione al Catasto del 1480 vengono citati un cospicuo numero di allievi e aiuti, dimostrando come la sua bottega fosse ormai ben avviata. A quell'anno risale il Sant'Agostino nello studio della chiesa di Ognissanti, commissionato dall'importante famiglia fiorentina dei Vespucci e caratterizzato da una forza espressiva che ricorda le migliori opere di Andrea del Castagno.
In un libro aperto posto dietro la figura del santo si possono leggere alcune frasi su un frate che oggi vengono per lo più interpretate come uno scherzo che il pittore volle immortalare. All'anno successivo risale l'Annunciazione di San Martino alla Scala. | © Wikipedia