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Antonio Canova | Hebe, 1796


Hebe is one of the most famous works of Antonio Canova (1757-1822)⏩, an outstanding Neoclassical sculptor of the late 18th - early 19th century.
According to ancient myth, Hebe was the daughter of Zeus and Hera and was the embodiment of youth. As serving-maid to the gods on Mount Olympus, she was responsible for bringing round cups of nectar, the drink of eternal youth and immortality, during feasts.
Canova depicted the goddess flitting swiftly and easily across the clouds, hardly touching them with the toes of her bare feet.



The skilfully worked marble creates the illusion of transparent, fluttering drapery, which reinforces the sense of movement.


Additional support is provided by the strati which blend in with the heroine's fine drapery, leaving the rest of the sculpture free and creating an impression almost of weightlessness. | © The State Hermitage Museum






Ebe è il nome dato a una serie di sculture realizzate da Antonio Canova dal 1796-1817.
  • Storia

Della statua esistono ben quattro versioni. La prima fu eseguita nel 1796 su commissione del conte Giuseppe Giacomo Albrizzi e venne inviata a Venezia poco prima della fine dell'anno 1799; successivamente venne ceduta al collezionista veneziano Giuseppe Vivante Albrizzi, il quale la vendette nel 1830 al re di Prussia Federico Guglielmo III.
Oggi la prima replica si trova presso lo Staatliche Museen di Berlino.
La seconda versione dell'Ebe, invece, fu scolpita su richiesta di Giuseppina Beauharnais, prima moglie di Napoleone; esposta nel Salon di Parigi nel 1808, l'opera entrò a far parte delle collezioni imperiali russe nel 1815, ed oggi è esposta al Museo dell'Hermitage di San Pietroburgo.

Ambedue le versioni destarono aspre critiche.
A non piacere erano l'impiego del bronzo per la coppa e di una patina rosata applicata per conferire verosimiglianza all'incarnato dell'Ebe, la presenza di una nuvola ai suoi piedi (motivo desunto dal repertorio figurativo barocco e pertanto sentitamente disprezzato) e la mancanza di espressione nel suo volto.

Ai diversi detrattori Canova rispose in questo modo:
«Mi sarebbe stata cosa assai facile il dargliela [l’espressione] ma certamente alle spese di essere criticato di chi sa conoscere il bello; l’Ebe sarebbe diventata una baccante »
Canova, in ogni caso, eseguì altre due versioni dell'Ebe: una fu scolpita nel 1814 e destinata a Lord Cawdor (oggi si trova a Chatsworth, nel Regno Unito), mentre l'altra fu eseguita nel 1817 su commissione della contessa Veronica Zauli Naldi Guarini, la quale intendeva rendere più sontuosa la propria abitazione a Forlì (oggi l'opera è esposta all'interno dei Musei San Domenico della città romagnola).
In queste ultime due versioni Ebe non è più sostenuta da una nuvola, bensì si appoggia a un tronco d'albero, in seguito alle virulente critiche delle quali abbiamo già parlato.


  • Descrizione
In questo paragrafo tratterremo la descrizione della Ebe di San Pietroburgo, la seconda in ordine cronologico; d'altronde, le varie redazioni differiscono solo per alcuni piccoli particolari (quali il tronco in luogo della nuvola).

L'opera raffigura la dea Ebe, figlia di Zeus e di Era e ancella e coppiera delle divinità dell'Olimpo. Ebe è raffigurata mentre incede con passo lieve, quasi da danzatrice, immersa in un atteggiamento riverente e silenzioso. Sospesa su una nuvola, la dea presenta una ricercata acconciatura raccolta in un diadema e mossa da un soffio di vento; il suo busto è nudo, mentre la parte inferiore del corpo è ammantata in un drappo che, con le sue pieghe fitte e complesse, ne esalta il corpo flessuoso.

Ricalcando la composizione di diverse statue ellenistiche, Canova decise di far reggere alla giovane dea un'anfora e una coppa di bronzo, materiale di cui è fatto anche il nastro dei capelli: come già accennato, dopo il completamento dell'opera furono in molti a criticare l'ardita presenza del bronzo, giudicandola un affronto all'idea di purezza, associata all'uso del solo marmo. | © Wikipedia




  • Descrizione:

Scultura in gesso rappresentante Ebe, figlia delle divinità Zeus e Era, nell'atto di servire il nettare agli dei. La figura, sorretta da una nuvola, tiene una coppa in una mano e un'anfora in bronzo dorato dorato nell'altra.
  • Notizie storico-critiche:

Il gesso della Ebe è il modello originale dal quale lo scultore veneto Antonio Canova ricavò i primi due esemplari in marmo della statua, oggi conservati alla Nationalgalerie di Berlino e al Museo dell'Eremitaggio di San Pietroburgo.
Il primo commissionato da Giuseppe Giacomo Albrizzi, è inviato a Venezia nel 1799, e l'altro, acquistato nel 1802 da Giuseppina Beauharnais, per poi passare nel, 1815, nelle collezioni imperiali russe.
Appartenuto a Pompeo Marchesi il modello è giunto nelle raccolte comunali con la donazione Marchesi-Fogliani, nel 1861-1862.
L'opera era in precedenza appartenuta a Giuseppe Bossi, al quale Canova l'aveva in ìviata nel 1805, dopo un suo viaggio a Roma. Bossi chiedeva all'amico che una statua della Ebe venisse incassata nel Monumento a Maria Cristina d'Austria che lo scultore avrebbe realizzato a Vienna nella primavera dello stesso anno.
Grazie alla relazione con Giuseppe Bossi numerosi gessi canoviani giungono da Roma a Milano, ad arricchire le gallerie dell'Accademia di sculture antiche e moderne ritenute indispensabili strumenti didattici.
Considerata una delle più singolari creazioni dell'artista, la scultura, rappresentante Ebe (figlia delle divinità Zeus e Era) nell'atto di servire il nettare agli dei, incarna i canoni ideali di bellezza femminile che si andavano ricercando nelle sperimentazioni artistiche a cavallo tra Sette e Ottocento. Il volto etereo, le linee fluide delle vesti che delineano e accarezzano il corpo e l'aggraziata gestualità del braccio che regge l'anfora, accompagnano l'elegante movimento della giovane che pare fluttuare nell'aria. L'espressione di un modello femminile giovanile ed il tema originalissimo del movimento sospeso caratterizzano l'opera di Antonio Canova. L'anfora è in bronzo dorato. Il sostegno è una nuvola che riporta all'illusionismo barocco.
Un recente restauro, ha evidenziato le tracce di colore, in particolare di rosso sulle gote e sulle labbra, che originariamente ricoprivano il gesso.
Risalgono al 1808 le altre due versioni della Ebe (Chatsvorth, Devonshire Collection e Forlì, Pinacoteca Comunale) che differiscono soprattutto nel sostegno della statua, sostituito da un più semplice tronco d'albero. | LombardiaBeniCulturali