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Caspar David Friedrich | Stile pittorico e temi

«Il pittore non dovrebbe dipingere solo ciò che vede davanti a sé, ma anche ciò che vede dentro di sé. Se dentro di sé non vede nulla, allora eviti anche di dipingere ciò che vede davanti a sé»
- Caspar David Friedrich.

L'innovazione portata avanti da Friedrich si realizzò in chiave paesaggistica: Caspar David Friedrich (1774-1840) intendeva far evolvere la concezione classica di paesaggio, inteso solo come scenario bello da vedere, aggiungendovi il sentimento del sublime, una riunione con il sé spirituale attraverso la contemplazione della natura.
L'artista fu un personaggio chiave per trasformare il paesaggio, sino ad allora un fondale subordinato al dramma umano, in un soggetto autosufficiente.
Non a caso i dipinti di Friedrich includono spesso una Rückenfigur, ovvero una persona vista di tergo, assorta nella contemplazione del panorama.



L'osservatore, quindi, si identifica nella Rückenfigur, il che significa assimilare il potenziale sublime della natura, che il pennello di Friedrich ricolma di ideali romantici - die romantische Stimmungslandschaft.
L'artista paragonò spesso i propri paesaggi a temi religiosi, tanto che molti dei suoi dipinti più famosi sono considerati impregnati di misticismo religioso.

Dal punto di vista formale, lo stile di Friedrich abbandona alcuni elementi del modello accademico tradizionale di pittura del paesaggio: l'imitazione della natura, la spazialità razionale, il contorno interno alla rappresentazione, e la varietà dei motivi.
Al loro posto troviamo paesaggi stilizzati, atmosfere idilliache o malinconiche, abbinamento di vicinanza e lontananza, ruolo essenziale concesso al vuoto e all'infinito.
L'artista non dipingeva all'aperto, ma nel chiuso del suo studio, attingendo le figure dal ricordo e dall'immaginazione; i suoi quadri hanno strutture rigorose, costruite su simmetrie e contrasti tra elementi orizzontali e verticali.


La visione di Friedrich sull'estetica venne messa per iscritto in una collezione di aforismi redatta nel 1830, dove l'artista spiega il bisogno di allineare l'osservazione della natura con una certosina introspezione della propria personalità.

La sua massima più famosa suggerisce proprio questo: «chiudi il tuo occhio fisico, al fine di vedere il tuo quadro con l'occhio dello spirito. Poi porta alla luce ciò che hai visto nell'oscurità, affinché la tua visione agisca su altri esseri dall'esterno verso l'interno».

Rifiutava assolutamente l'idea di raffigurare la natura «a tutto tondo», come facevano alcuni suoi contemporanei, fra cui Adrian Ludwig Richter (1803-84) e Joseph Anton Koch (1768-1839).


La solitudine e la morte

«Perché, mi son sovente domandato
scegli sì spesso a oggetto di pittura
la morte, la caducità, la tomba?
ö perché, per vivere in eterno
bisogna spesso abbandonarsi alla morte»
(Caspar David Friedrich)
Cieli infiniti, tempeste, nebbia, foreste, ruderi e croci sono elementi ricorrenti nei paesaggi del pittore. La morte, tradotta in immagini ad esempio attraverso la raffigurazione di salici piangenti e di barche che si allontanano dalla costa (immagine che, tra l'altro, richiama il mito di Caronte), trova la sua massima espressione nell'Abbazia nel querceto, dove una processione di monaci, intenti a reggere una bara, si dirige verso il cancello di una chiesa in rovina, in uno scenario di funebre desolazione.

Friedrich è stato anche il primo artista a dipingere la natura invernale come aspra, morta, solenne.
Ecco come lo storico dell'arte Hermann Beenken descrisse gli inverni di Friedrich:
«[Quelli di Friedrich] sono paesaggi dove nessun uomo ha messo mai piede. Nel sedicesimo e diciassettesimo secolo non avrebbero mai abbandonato tòpos come la folla di pattinatori, il viandante ... Fu stato proprio Friedrich il primo a percepire le caratteristiche del tutto distintive della natura. Invece di molti toni, ne ricercavò uno solo; e così, nel suo paesaggio, subordinò l'accordo composito in una sola nota di base»
Per indicare la morte, il pittore soleva dipingere querce e tronchi d'albero (come quelli de L'albero dei corvi). Ad affiancare questo simbolismo mortifero vi è però anche il tema della redenzione: la croce e il cielo terso promettono la salvezza eterna, mentre la falce lunare infonde speranza e devozione.


La studiosa di letteratura tedesca Alice Kuzniar ritiene che nelle opere di Friedrich emerge un'evocazione temporanea del passare del tempo, concetto quasi del tutto assente nelle arti visuali. Per esempio, nell'Abbazia nel querceto, la processione dei monaci diretta verso il sepolcro riflette il pensiero di Friedrich, secondo cui la destinazione finale di ogni uomo si trova oltre la tomba.

Con il passare del tempo, Friedrich iniziò a dipingere prevalentemente albe e crepuscoli, con uno stile fattosi più scuro, più monumentale, più terribile. Il mare di ghiaccio è il quadro che sintetizza meglio il pensiero di Friedrich nei suoi ultimi anni. Il dipinto, completato nel 1824, raffigura una scena grama: si tratta di un naufragio nell'Oceano Artico.
«L'immagine prodotta, con le lastre di ghiaccio color travertino che inghiottono la nave, precipita dal documentario all'allegoria: la corteccia fragile dell'aspirazione umana, schiacciata dall'indifferenza immensa e glaciale del mondo».
Sia la vita che la produzione artistica di Friedrich vengono considerate permeate da un travolgente senso di solitudine. Gli storici dell'arte (ed alcuni dei contemporanei dell'artista) concordano nell'attribuire questa tematica ricorrente ai lutti subiti nella giovinezza, e al misero debutto nel campo artistico. Analogamente, la nozione popolare del «taciturno uomo proveniente dal Nord» fu rafforzata proprio dall'aspetto pallido della figura del pittore.

Friedrich soffrì di episodi depressivi nel 1799, 1803-1805, 1813, 1816 e fra il 1824-1826. Anche le sue opere furono permeate dal suo malessere, tanto che vennero introdotte figure quali avvoltoi, gufi, cimiteri e rovine, che divennero poi una presenza fissa a partire dal 1826.
Nello stesso anno, si ebbe anche un anomalo mutamento nella tavolozza del pittore, che iniziò ad utilizzare toni più scuri e smorzati. Carus, nel 1929, scrisse che Friedrich in questo periodo «è circondato da una spessa nuvola cupa di incertezza spirituale»; il noto storico dell'arte e curatore Hubertus Gassner, tuttavia, non è d'accordo con tali interpretazioni, vedendo nell'opera di Friedrich un pensiero positivo e di affermazione della vita, ispirato alla Massoneria e alla religione.


Il folklore tedesco

Quasi a riflettere il suo patriottismo e il risentimento che covava per l'occupazione francese della Pomerania, Friedrich (anti-francese dichiarato) inseriva spesso nelle proprie opere estratti della cultura e della mitologia tedesca. Il sincero amore del pittore per la propria patria si rifletteva anche nei gusti letterari, che vertevano su poesie anti-napoleoniche di Ernst Moritz Arndt e Theodor Körner, e sugli scritti patriottici di Adam Müller e Heinrich von Kleist. Mosso dalla morte di alcuni suoi amici a opera delle truppe napoleoniche, ma anche dal poema di Kleist Die Hermannsschlacht, Friedrich iniziò addirittura a dipingere una serie di quadri dove il messaggio politico veniva trasmesso esclusivamente per mezzo del paesaggio - tecnica del tutto nuova nella storia dell'arte.

Il dipinto Tombe di antichi eroi (1812), intriso per l'appunto di alti sentimenti verso la patria, è un'aperta denuncia all'occupazione napoleonica, rappresentata dai due soldati francesi che sorvegliano l'ingresso della grotta.
La tomba in primo piano reca il nome di Arminio, quasi per indicare che i soldati d'Oltralpe sarebbero stati sconfitti proprio come le truppe dei Vari, annientate dal condottiero Arminio. Anche il Cacciatore nella foresta (1813 circa) è pregno di umori patriottici.
Vi è un soldato circondato da una fittissima cortina d'alberi, e preceduto da dei tronchi tagliati e da un corvo che pare stia gracchiando: Friedrich, con queste simbologie (strettamente legate alla battaglia di Dresda), intendeva presagire l'infelice destino che avrebbe colpito la Francia. | Fonte: © Wikipedia