Textual description of firstImageUrl

Giovanni Migliara (1785-1837) | Veduta painter


Giovanni Migliara was a nobleman and Italian painter🎨 active at the beginning of the 19th century🎨, painting vedute and history paintings.
Born to artisan parents of limited means, he was apprenticed to the sculptor Giuseppe Maria Bonzanigo.
He also studied at the Brera Academy with Giocondo Albertolli and began his career as a set designer in the Teatro Carcano (1804) and La Scala (1805-1809), under the direction of Alessandro Sanquirico.


Due to a serious lung disorder, he stopped working for a time.
Then, from 1810, he began painting again (mostly miniatures) in watercolours and oils on different media, (canvas, silk, and ivory).
He made his return to the art world with an exhibition of four cityscapes at the Brera Academy in 1812.
While the Milanese painting scene was dominated by neoclassic painters Andrea Appiani and Luigi Sabatelli, Giovannni Migliara stayed with the historical themes and medieval subtlety of romanticism.
With his improved technique, his choice of subjects, and the quality of his work, he became a favorite of the Milanese aristocracy.


In 1822, he was named Professor at the Brera Academy and, in 1833, he was named court painter for King Charles Albert of Sardinia, after being presented with the Civil Order of Savoy.
As well as his historical canvases, he produced a number of church interiors in a topographical style. He was also the author of "Trattato di geometria descrittiva", published in 1813.
Among his pupils were Giovanni Renica of Brescia, Luigi Bisi, and Federico Moja🎨. | © Wikipedia












Giovanni Migliara (Alessandria, 15 ottobre 1785 - Milano, 18 aprile 1837) è stato un pittore e scenografo Italiano.
Terzogenito di Pietro, ebanista, e di Anna Bandera, studiò pittura con il celebre ornamentarista Albertolli e con Bernardino Galliani, che era specializzato in decorazioni ad affresco e che nel 1804 lo volle come suo aiuto nella decorazione del Teatro Carcano, a Milano.
Da queste esperienze trasse grande abilità come miniatore, come paesaggista, come creatore di prospettive e anche come scenografo.
La direzione del Teatro alla Scala lo assunse nel 1806 come scenografo; ma dopo quattro anni di collaborazione egli rinunciò all'incarico, per motivi di salute. Fu strappato alla morte dalle amorevoli cure della moglie e riprese a lavorare, dipingendo al cavalletto vedute, su ispirazione dei grandi vedutisti veneziani del Settecento.
Oltre alle vedute, dipinse capricci, interni di chiese e di conventi, con arditi tagli prospettici, accentuati da mirabili contrasti di luce.
Le dimensioni delle sue opere difficilmente superano i 60-70 cm di lato, e molte hanno dimensioni ancora più ridotte, quando non sono vere miniature. Caratteristico è il suo fixè, che è una miniatura dipinta su seta e poi applicata su vetro.
Come altri artisti dell'epoca ha compiuto il suo Grand Tour in Italia: rimase affascinato da Roma e da Venezia, mentre confidò di non aver trovato alcuno spunto di ispirazione a Napoli.


La critica del tempo lo ha definito il "nuovo Newton, il signore della luce, colui che rivaleggia con la natura". Fu accolto come membro da molte Accademie di belle arti.
Dal 1812 fu presente alle Esposizioni braidensi e gli giunsero committenze dal re Carlo Alberto, da Maria Cristina di Savoia, dal Granduca di Toscana Leopoldo II, dalla Duchessa di Parma Maria Luigia, dall'Arciduca Ranieri Viceré del Lombardo-Veneto, dal Principe di Metternich.
La Corte di Madrid lo invitò nel 1830 per un'importante commessa, legata all'illustrazione di basiliche del paese; ma egli rifiutò, per stare vicino alla propria famiglia.
Pur abitando a Milano non rinnegò mai la sua cittadinanza piemontese: fu insignito, nel 1831, dell'onorificenza dell'Ordine del Merito Civile di Savoia, con possibilità di essere ricevuto dal re.
Nel 1833 Carlo Alberto lo nominò pittore di corte.
Per mancanza di tempo, non potendo garantire una regolare frequenza, rifiutò una cattedra a Brera. Fondò una sua scuola e la figlia Teodolinda, insieme ad altri artisti, definiti "Migliaristi", ne fecero parte.
Pittori come Giovanni Battista Dell'Acqua, Federico Moja🎨, Ferdinando Moja, Giovanni Renica, Pompeo Calvi, Luigi Bisi ed altri studiarono la sua tecnica e il suo stile e lo considerarono un loro Maestro.


Nel 1829 Alessandria, sua città natale, gli dedicò una medaglia, coniata dal Puttinati.
Nel 1840, tre anni dopo la morte, nel loggiato superiore del Palazzo di Brera fu inaugurato un monumento in suo onore, scolpito da Somaini e pagato con una sottoscrizione popolare.
Imponente è la raccolta delle sue opere, custodita presso la Pinacoteca di Alessandria e formatasi in parte mediante oculati acquisti e donazioni; ma completata in maniera decisiva dall'imponente lascito di Teodolinda Migliara.
Sono state organizzate mostre su Migliara: in occasione del centenario della morte, nel 1937, ad Alessandria e una mostra itinerante, fra il 1977-1978, alla riscoperta dell'opera grafica di Migliara, a Milano a Torino e ad Alessandria.
Migliara morì cinquantaduenne il 18 aprile 1837, stroncato da problemi polmonari, gli stessi che in gioventù lo avevano provato duramente, costringendolo ad abbandonare una promettente carriera di scenografo. La notizia della morte colpì profondamente la città in ogni suo ceto.


I funerali si svolsero il 21 nella chiesa di San Babila e davanti al feretro fu posta l'ultimo quadro ancora incompiuto a cui il pittore aveva lavorato, l'interno della chiesa di San Marco.
Lungo tutto il percorso da San Babila al cimitero di San Gregorio fuori da Porta Venezia, non più esistente, la bara fu accompagnata da una banda militare e dal console sardo, dal Presidente e dai professori dell'Accademia di Brera e da trecento amici.
I lembi della coltre funebre furono affidati a Massimo d'Azeglio, all'incisore genovese Michele Bisi, allo scultore Pompeo Marchesi e al pittore Federico Moja.
L'orazione funebre fu affidata a Ignazio Fumagalli, segretario dell'Accademia, e Defendente Sacchi. | © Wikipedia