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Piero della Francesca | The History of the True Cross, 1466

The History of the True Cross or The Legend of the True Cross is a sequence of frescoes painted by Piero della Francesca in the Basilica of San Francesco in Arezzo.
It is his largest work, and generally considered one of his finest, and an early Renaissance masterpiece.
Its theme, derived from the popular 13th century book on the lives of saints by Jacopo da Varagine, the Golden Legend, is the triumph of the True Cross - the legend of the wood from the Garden of Eden becoming the Cross on which Jesus Christ was crucified.



This work demonstrates Piero’s advanced knowledge of perspective and colour, his geometric orderliness and skill in pictorial construction.
Dating of the frescoes is uncertain, but they are believed to date from after 1447, when the Bacci family, commissioners of the frescoes, are recorded as having paid an unknown painter.

It would have been finished around 1466. Most of the choir was painted in the early- to mid-1450s.
Although the design of the frescoes is evidently Piero's, he seems to have delegated parts of the painting to assistants, as was usual.

The hand of Giovanni da Piamonte, in particular, can be recognised in some of the frescoes.
An exhaustive restoration began in 1991 and was completed in 2000.



The main episodes depicted are:
Death of Adam (390 x 747 cm).
According to the legend, the tree from which the cross was made was planted, at the urging of angels, at the burial of Adam by his son, using a branch or a seed from the apple tree of the garden of Eden.

The Queen of Sheba in Adoration of the Wood and The Meeting of Solomon and the Queen of Sheba (336 x 747 cm).
According to the legend, the Queen of Sheba worshiped the beams made from the tree, and informed Solomon that the Saviour would hang from that tree, and thus dismember the realm of the Jews. This caused Solomon to hew it down and bury it, until it was found by the Romans.


Exaltation of the Cross (390 x 747 cm).
Constantine's Dream (329 x 190 cm)
Emperor Constantine the Great, before the battle of Milvian Bridge, is awakened by an angel who shows him the cross in heaven. With the cross on his shield, he slew the enemy, and later converted to Christianity.
Discovery and Proof of the True Cross (356 x 747 cm).

Helena, Constantine's mother, finds the cross in Jerusalem. It was not easy to get information and "when the queen had called them and demanded them the place where our Lord Jesus Christ had been crucified, they would never tell... her.
Then commanded she to burn them all" or cast them into a dry pit for seven days and there torment them with hunger. The Jew is shown in one fresco being pulled from the pit by a rope, whereupon he confessed that Jesus was his lord and where the cross was located. The proof of the cross was that it was used to resurrect a dead man.


  • Battle between Heraclius and Khosrau (329 x 747 cm).

  • The cross played a role in battles during the war between the Eastern Roman Empire and the Sassanid Empire (early 7th century).
    Piero diverged from his source material in a few important respects, including the story of King Solomon's meeting with the Queen of Sheba in a chronologically inaccurate place and giving greater emphasis to the two battles in which Christianity triumphs over paganism.


    The cycle ends with a depiction of the Annunciation, not strictly part of the Legend of the True Cross but probably included by Piero for its universal meaning. | © Wikipedia























    Le Storie della Vera Croce è un ciclo di affreschi conservato nella cappella maggiore della basilica di San Francesco ad Arezzo.
    Iniziato da Bicci di Lorenzo, venne dipinto soprattutto da Piero della Francesca, tra il 1452-1466, che ne fece uno dei capolavori di tutta la pittura rinascimentale.

    Storia

    Nel 1417 era morto Baccio di Maso Bacci, un ricco mercante appartenente a un'importante famiglia aretina, nelle cui disposizioni testamentarie era previsto un generoso lascito per la decorazione del coro della basilica francescana, patronato dalla famiglia stessa.
    Iniziative del genere non erano infrequenti nei testamenti tra Medioevo e Rinascimento, ed erano una sorta di riconciliazione religiosa di individui di successo che si erano arricchiti in maniera non del tutto tollerata dalla Chiesa, come il prestito e il "cambio", che all'epoca erano considerati peccato di usura.

    Le disposizioni testamentarie vennero messe in pratica dagli eredi solo trent'anni dopo, quando nel 1447 Francesco Bacci vendette una vigna per pagare i lavori che vennero affidati all'attempato artista fiorentino Bicci di Lorenzo, maestro di una delle più attive botteghe della città toscana, ma dallo stile piuttosto ancorato al passato, che non abbracciò mai, se non in questioni superficiali, le novità dell'arte rinascimentale.
    Bicci di Lorenzo iniziò a dipingere i pennacchi della volta (quattro Evangelisti), la parte superiore del sottarco della cappella (due Dottori della Chiesa: Gregorio e Girolamo) e il prospetto esterno dell'arco trionfale (Giudizio Universale), ma nel 1452 si ammalò gravemente morendo di lì a poco.


    Presumibilmente Giovanni Bacci, figlio di Francesco che aveva intensi rapporti con i circoli umanistici aretini, chiamò allora un artista della nuova corrente artistica, scegliendo Piero della Francesca, che era ormai ben noto oltre i confini della sua patria (Sansepolcro) ed aveva già lavorato per corti importanti quali Ferrara, Rimini e Urbino.

    Come risulta da un documento notarile, i lavori furono interrotti negli anni 1458-1459, quando Piero fu a Roma, alla corte papale di Niccolò V, dove eseguì nel Palazzo Apostolico affreschi ben documentati ma oggi perduti. Qui entrò in contatto con artisti di altre scuole, in particolare fiamminghi, che influenzarono il suo stile, come si legge nelle caratteristiche diverse degli affreschi aretini della seconda fase, dipinti dopo il soggiorno romano.

    Gli affreschi della Vera Croce risultavano terminati entro il 1466, quando la confraternita aretina della Nunziata commissionò a Piero uno stendardo con l'Annunciazione, nel cui contratto si faceva riferimento al ciclo ben riuscito, che aveva orientato la scelta sul pittore biturgense. Quello stesso anno Piero dipinse l'affresco di una Maddalena nel Duomo di Arezzo.


    Gli affreschi vennero "riscoperti" a metà del XIX secolo, quando si risvegliò l'interesse verso Piero della Francesca a partire dai viaggiatori e gli studiosi inglesi.
    Il primo articolo in cui si acclamava Piero come artista di prim'ordine fu scritto nel 1858 da Austen Henry Layard nel Quarterly Review.

    Con la costruzione della prima linea ferroviaria per Arezzo a metà degli anni sessanta dell'Ottocento, gli artisti inglesi, che già avevano ammirato il Battesimo di Cristo della National Gallery, si riversarono a vedere gli affreschi di Arezzo e di Sansepolcro, dove apprezzavano la "laicità" della sua nuova scienza prospettica e l'ispirazione che, secondo loro, derivava dall'arte greca, baluardo dei neoclassici.
    Lo stesso Edgar Degas visitò Arezzo, traendo ispirazione per opere come Semiramide alla costruzione di Babilonia, oggi al Museo d'Orsay, od iGiovani spartani alla National Gallery di Londra.


    Il primo critico moderno ad occuparsi di Piero della Francesca fu Adolfo Venturi nel 1911, seguito a breve da Roberto Longhi nel 1913 (Piero dei Franceschi e le origini della pittura veneziana), che ne diede un'originale rilettura attraverso Cézanne ⎆, nel quale riscontrava lo stesso "intervallarsi regolare di volumi regolari", in scene come la Verifica della Croce.

    Nel 1914 riprese l'accostamento nella Breve ma veridica storia della pittura italiana, parlando di straordinaria "sintesi tra la forma e il colore per via prospettica", ripresa anche da Seurat ⎆.
    Gli affreschi sono stati oggetto di accurato lavoro di restauro terminato nel 1992.


    Descrizione

    Gli affreschi sono posti su tre livelli sulle pareti laterali e sul fondo, senza alcuna intelaiatura architettonica. Le storie della Vera Croce sono narrate dagli avvenimenti della Genesi fino all'anno 628, quando il santo Crocifisso, dopo essere stato rubato, venne riportato a Gerusalemme.
    Le fonti delle Storie sono la Bibbia e la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, raccolta di agiografie estremamente popolare nel Medioevo e nel Rinascimento, scritta dal vescovo ligure tra il 1224-1250.
    Da un punto di vista iconografico Piero aveva a disposizione come modelli gli affreschi di Agnolo Gaddi nel coro di Santa Croce a Firenze, quelli di Cenni di Francesco nella cappella della Croce di Giorno della chiesa di San Francesco a Volterra e quelli di Masolino nella cappella di Sant'Elena nella chiesa di Santo Stefano ad Empoli (chiesa in cui aveva lavorato anche il suo predecessore Bicci di Lorenzo): la scelta del soggetto è legata alla lunga tradizione di adorazione della Croce negli ordini francescani; la visione del Cristo sulla Croce da parte di Francesco d'Assisi era stata infatti il culmine della sua vita religiosa, premiandolo con il contrassegno delle celebri stimmate, per la prima volta nella storia cristiana.


    Piero si discostò comunque dai modelli precedenti, a livello di scelta delle storie (alcune sono trattate individualmente, come quella del Sollevamento della Croce), sia a livello iconografico (Adorazione della Croce e incontro di Salomone e la Regina di Saba, Sogno di Costantino, Battaglia di Costantino e Massenzio).
    Egli inoltre non si curò dell'andamento cronologico, privilegiando un criterio meramente estetico-formale, che creasse effetti di simmetria, senza per questo impedire rispondenze filosofico-teologiche tra scene che si fronteggiano.

    In alto ad esempio, sia nella parete sinistra che in quella di destra è rappresentata una scena all'aperto, mentre nel registro mediano si trovano due scene di corte su sfondo architettonico, e, in basso, due battaglie.
    A determinate scene dell'Antico Testamento inoltre si contrappongono altre del Nuovo.


    Elenco delle scene

    Le scene possono esser quindi lette in un ordine cronologico o nell'ordine di lettura naturale, che va dal registro superiore a sinistra (lunette), alle due scene sulla parete centrale ai lati della finestra, fino alla parete destra, riprendendo poi nel registro mediano e in quello inferiore con lo stesso ordine. L'ordine di lettura cronologico invece inizia nella lunetta destra e termina, ciclicamente, nella lunetta sinistra.

    • Esaltazione della Croce
    • Profeta Ezechiele
    • Profeta Geremia
    • Morte di Adamo
    • Ritrovamento delle tre croci e verifica della Croce
    • Tortura dell'ebreo
    • Sollevamento della Croce
    • Battaglia di Eraclio e Cosroè
    • Annunciazione
    • Sogno di Costantino
    • Vittoria di Costantino su Massenzio

    A questi dipinti vanno poi aggiunti altri affreschi di corredo (molto frammentari) dipinti da Piero e la sua bottega lungo lo spessore dell'arcone:

    • Sant'Agostino (sull'arco in basso a sinistra),
    • Sant'Ambrogio (sull'arco in basso a destra),
    • Cupido (piedritto sinistro in alto),
    • San Ludovico (piedritto sinistro al centro),
    • San Pietro Martire (piedritto sinistro in basso),
    • Angelo (piedritto destro in basso, la rimanente superficie del piedritto destro è completamente perduta).

    Il registro più basso, ad altezza d'uomo, è occupato da finte specchiature marmoree e una cornice con dentelli dipinta.
    Manca un affresco della Crocifissione, ma ciò era giustificato dalla presenza, tuttora in loco, di un grande crocifisso ligneo dipinto attribuito al Maestro del San Francesco Bardi (XIII secolo), appeso sopra l'altare maggiore al centro della cappella.

    Stile

    Spesso Piero della Francesca unificò affreschi contigui, con il paesaggio che continua (Sollevamento e Adorazione della Croce) o con altri stratagemmi, come le due case scorciate tra il Ritrovamento e Verifica della Croce e la Tortura dell'ebreo, che insieme sembrano comporre un unico edificio irregolare.
    In generale le regole compositive degli affreschi sono le medesime, con figure in primo piano di dimensioni analoghe e con una visione leggermente adattata per uno punto di vista dal basso.
    Un altro elemento unificatore è la luce, modulata su quella naturale della finestra centrale della cappella.
    Per questo i due profeti, sulla parete centrale, sembrano illuminati da dietro, come se fossero proiettati verso lo spettatore.
    Di straordinario valore è la scena notturna del Sogno di Costantino, la prima veduta notturna pienamente convincente dell'arte europea prima di Caravaggio.