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El Greco | Vita ed Opere

El Greco, nome d'arte di Dominikos Theotokòpoulos (Δομήνικος Θεοτοκόπουλος) - (Candia, 1541 - Toledo, 7 aprile 1614), è stato un pittore, scultore ed architetto greco vissuto in Italia ed in Spagna. È tra le figure più importanti del Rinascimento Spagnolo.
Nacque a Creta, che all'epoca faceva parte della Repubblica di Venezia ed era il centro di un importante movimento pittorico post-bizantino, chiamato Scuola Cretese.
Dopo l'apprendistato diventò maestro d'arte seguendo il corso di quella tradizione artistica, prima di intraprendere, all'età di 26 anni, il viaggio verso Venezia, usuale meta di apprendistato e crescita artistica tra i pittori greci dell'epoca.
Infatti nel 1567 si trasferì nella Serenissima, lasciando Creta e la propria moglie, probabilmente per trovare nuovi sbocchi di mercato e per confrontarsi direttamente con le famose botteghe di Tiziano, Bassano, Tintoretto e Veronese. Nel 1570 si recò anche a Roma dove aprì una bottega e dipinse una serie di opere.



Durante il soggiorno in Italia El Greco modificò il suo stile in modo sostanziale, arricchendolo con elementi tratti dal manierismo e dal Rinascimento veneziano, ispirati soprattutto al Tintoretto nelle linee sinuose e allungate, nel senso del movimento e nella drammaticità dell'illuminazione, e al tardo Tiziano nell'uso del colore. Nel 1577 si trasferì a Toledo, in Spagna, dove visse e lavorò fino al giorno della morte. Proprio a Toledo El Greco ricevette numerose importanti commissioni e realizzò alcune delle sue opere più importanti e conosciute.

Lo stile drammatico ed espressionistico di El Greco era guardato con perplessità dai suoi contemporanei ma è stato molto apprezzato e rivalutato nel corso del XX secolo. La sua personalità e le sue opere sono diventate fonte di ispirazione per poeti e scrittori come Rainer Maria Rilke e Nikos Kazantzakis.

Alcuni studiosi moderni hanno definito El Greco come un artista assai singolare e difficilmente inquadrabile nelle scuole pittoriche tradizionali. È famoso per le sue figure umane sinuosamente allungate e per i colori originali e fantasiosi di cui spesso si serviva, frutto dell'incontro tra l'arte bizantina e la pittura occidentale.


La famiglia e la gioventù

Nato nel 1541, o nel villaggio di Fodele o a Candia (denominazione veneziana di Chandax, oggi Heraklion) a Creta, Il dibattito circa il luogo di nascita di El Greco è ancora aperto. La maggior parte dei ricercatori e degli studiosi lo identificano in Candia. El Greco faceva parte di una ricca famiglia di città probabilmente trasferitasi a Candia tra il 1526-1528, una volta fuggita dalla Canea in seguito ad una rivolta contro i veneziani.

Il padre di El Greco, Geórgios Theotokópoulos (morto nel 1556) era un mercante e esattore delle imposte. Nulla si sa della madre, se non che anch'essa era greca. Il fratello maggiore, Manoússos Theotokópoulos (1531-13 dicembre 1604), diventò a sua volta un agiato mercante e trascorse gli ultimi anni della sua vita nella casa di El Greco a Toledo.

El Greco iniziò il proprio apprendistato artistico come pittore di icone della Scuola cretese, dove si era sviluppato il nucleo principale dell'arte post-bizantina. Oltre alla pittura, studiò probabilmente i testi classici dell'antica Grecia e forse anche quelli latini; alla sua morte lasciò una raccolta di 130 testi personali tra cui la Bibbia in greco e una copia commentata de Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori del Vasari. Candia era un centro di attività artistica in cui le culture orientale e occidentale coesistevano in armonia, dove nel XVI secolo risiedevano circa duecento pittori in attività che si erano organizzati in una gilda sul modello di quelle italiane.


Nel 1563, a ventidue anni, El Greco venne definito in un documento come un "maestro" ("maestro Domenigo"), il che significa che era già maestro della gilda e quindi presumibilmente gestiva una propria bottega. Tre anni dopo, nel giugno 1566, come testimonia un contratto, firmava come μαΐστρος Μένεγος Θεοτοκόπουλος σγουράφος, ovvero "Maestro Menégos Theotokópoulos, pittore".
La maggior parte degli studiosi ritiene che "la famiglia Theotokópoulos fosse quasi certamente di religione greco-ortodossa" anche se alcune fonti lo vogliono nato cattolico. Al pari di molti emigranti ortodossi in Europa dell'epoca, dopo il suo arrivo apparentemente si convertì al cattolicesimo, e sicuramente lo professò in Spagna, dove nel suo testamento si descrisse come un "devoto cattolico". Le approfondite ricerche d'archivio condotte fin dall'inizio degli anni sessanta da ricercatori come Nikolaos Panayotakis, Pandelis Prevelakis e Maria Constantoudaki suggeriscono comunque che la famiglia e gli antenati di El Greco fossero greco-ortodossi. Uno dei suoi zii era un prete ortodosso e il suo nome non viene menzionato nell'archivio dei registri battesimali di Creta. Prevelakis si spinge oltre, esprimendo il dubbio che in realtà l'artista non abbia mai praticato il cattolicesimo.

Il periodo italiano

Dal momento che Creta era, fin dal 1211, un possedimento della Repubblica di Venezia, fu naturale per il giovane El Greco continuare la propria carriera a Venezia. Anche se l'anno esatto del trasferimento non è noto, la maggior parte degli studiosi concorda nel stabilirlo attorno al 1567. Secondo altro materiale d'archivio, ovvero dei disegni che El Greco mandò a un cartografo cretese, l'artista nel 1568 si trovava a Venezia. Non si sa molto degli anni trascorsi in Italia da El Greco.
Visse a Venezia fino al 1570 e, secondo quanto scritto in una lettera da un suo più anziano amico, il più grande miniaturista dell'epoca il croato Giulio Clovio, fu "discepolo" di Tiziano, che allora aveva circa ottant'anni, ma era ancora in attività. Questo potrebbe significare che abbia lavorato nella grande bottega di Tiziano, ma ciò non è sicuro. Clovio descrisse El Greco come «un talento raro nell'arte della pittura».
Nel 1570 El Greco si trasferì a Roma, dove eseguì una serie di opere fortemente caratterizzate dallo stile appreso nel suo apprendistato veneziano. Non si sa quanto a lungo sia rimasto a Roma, anche se potrebbe essere tornato a Venezia (verso il 1575-76) prima di partire per la Spagna.


A Roma, dietro raccomandazione di Giulio Clovio, fu accolto come ospite a Palazzo Farnese, che il cardinale Alessandro Farnese aveva trasformato nel centro artistico e intellettuale della città. Lì entrò in contatto con l'élite intellettuale romana, tra cui l'erudito Fulvio Orsini, la cui collezione in seguito incluse sette dipinti dell'artista (tra cui Veduta del Monte Sinai e un ritratto di Clovio).
Diversamente da altri artisti cretesi trasferitisi a Venezia, El Greco modificò il suo stile in modo sostanziale e cercò di distinguersi inventando interpretazioni nuove e insolite dei soggetti religiosi tradizionali. Le opere dipinte in Italia furono influenzate dallo stile del rinascimento veneziano dell'epoca e presentano figure allungate che rievocano quelle del Tintoretto e un uso del colore che riconduce a Tiziano.

I pittori veneziani gli insegnarono anche ad organizzare sulla tela le sue composizioni di varie figure, creando scenari pieni di vita e con una luce capace di creare atmosfera. Clovio racconta di aver fatto visita a El Greco un giorno d'estate mentre l'artista si trovava a Roma. El Greco era seduto in una stanza oscurata perché trovava che l'oscurità favorisse la riflessione più della luce del giorno che invece disturbava la sua "luce interiore".
Grazie al periodo trascorso a Roma i suoi dipinti si arricchirono di caratteristiche tipiche del manierismo dell'epoca. All'epoca del suo arrivo in città, Michelangelo e Raffaello erano già morti, ma il loro esempio continuava ad essere estremamente importante, praticamente inevitabile per tutti i giovani pittori. El Greco era deciso a lasciare la propria traccia a Roma, difendendo le sue convinzioni artistiche, le sue idee e il suo stile. Apprezzò molto il lavoro del Correggio e del Parmigianino ma non esitò a criticare duramente il Giudizio universale di Michelangelo realizzato nella Cappella Sistina; fece a papa Pio V la proposta di lasciarlo ridipingere interamente l'affresco secondo i dettami della nuova e più rigida dottrina cattolica.


Quando, successivamente, gli venne chiesto che cosa pensasse di Michelangelo El Greco rispose che «era un brav'uomo, ma non sapeva dipingere». Si è quindi posti di fronte a un paradosso: si sa che El Greco rigettò con forza o addirittura condannò l'opera di Michelangelo, ma allo stesso tempo gli fu impossibile sfuggire alla sua influenza. L'influenza di Buonarroti infatti si può vedere in opere più tarde di El Greco, come l'Allegoria della Lega Santa.
Realizzando i ritratti di Michelangelo, Tiziano, Clovio e, presumibilmente, Raffaello in uno dei suoi dipinti (La purificazione del tempio), El Greco non solo espresse la sua gratitudine nei loro confronti, ma di fatto reclamò di poter essere messo sullo stesso piano di quei grandi maestri. Come si può leggere nei suoi stessi commentari, El Greco vedeva quegli artisti come modelli da emulare. Nelle sue Cronache, scritte nel XVII secolo, Giulio Mancini incluse El Greco tra i pittori che avevano promosso, in vari modi, una rivalutazione degli insegnamenti di Michelangelo.

A causa delle sue convinzioni artistiche non convenzionali e della sua forte personalità, ben presto a Roma si procurò dei nemici. L'architetto e scrittore Pirro Ligorio lo definì uno «stupido straniero» e materiale d'archivio recentemente scoperto racconta di una lite con Farnese, che costrinse il giovane artista ad abbandonare il suo palazzo. Il 6 luglio 1572, El Greco fece una protesta ufficiale per questo fatto e pochi mesi dopo, il 18 settembre 1572, pagò la propria quota d'iscrizione alla Gilda di San Luca come pittore miniaturista. Alla fine dell'anno El Greco aprì la propria bottega e ingaggiò come assistenti i pittori Lattanzio Bonastri de Lucignano e Francisco Preboste.

La Spagna

Il trasferimento a Toledo

Nel 1577 El Greco emigrò dapprima a Madrid, quindi a Toledo, dove realizzò le sue opere più mature. A quell'epoca Toledo era la capitale religiosa della Spagna e una città molto popolosa dall'«illustre passato, prospero presente e incerto futuro». A Roma, El Greco, si era guadagnato il rispetto di vari intellettuali, ma aveva anche dovuto affrontare l'ostilità di alcuni critici.
Nel decennio del 1570 l'immenso monastero-palazzo de El Escorial era ancora in costruzione e Filippo II di Spagna incontrava difficoltà nel trovare validi artisti che realizzassero i molti dipinti di grandi dimensioni che dovevano decorarlo. Tiziano era morto, mentre Tintoretto, Veronese e Antonio Moro avevano tutti rifiutato di andare in Spagna. Filippo aveva dovuto ripiegare su Juan Fernández de Navarrete, artista di minore talento, le cui gravedad y decoro (serietà e dignità) erano però apprezzate dal re stesso.

Navarrete però morì nel 1579; il fatto si rivelò un'occasione propizia per El Greco. Tramite Clovio e Orsini El Greco incontrò Benito Arias Montano, un umanista spagnolo nonché agente per conto di Filippo, il religioso Pedro Chacón e Luis de Castilla, figlio di Diego de Castilla il diacono della Cattedrale di Toledo. Grazie all'amicizia stretta con de Castilla El Greco si assicurò la sua prima grande commissione a Toledo. Arrivò in città nel luglio 1577 e firmò un contratto per realizzare un gruppo di dipinti che dovevano decorare il Monastero di San Domenico di Silos a Toledo e la celebre Spoliazione di Cristo.
Entro settembre del 1579 terminò i nove dipinti per il convento, tra cui La Trinità e L'Assunzione della Vergine. Tali opere fissarono la reputazione di El Greco a Toledo come pittore di alto livello.


El Greco non aveva progettato di stabilirsi definitivamente a Toledo, in quanto il suo obiettivo era di conquistarsi il favore di Filippo e riuscire a lasciare il segno come artista a corte.
Per questo riuscì a fare in modo di assicurarsi due importanti commissioni dal re: l'Allegoria della Lega Santa e il Martirio di San Maurizio. Tuttavia tali opere non piacquero al re, che decise di sistemare la pala di San Maurizio nella sala capitolare invece che all'interno della cappella per cui era stata commissionata. Pertanto decise di non affidare più commissioni a El Greco. I motivi esatti dell'insoddisfazione del re non sono chiari.
Alcuni studiosi hanno suggerito che a Filippo non fosse piaciuta l'inclusione di persone viventi in una scena a soggetto religioso; altri che l'opera di El Greco avesse contravvenuto a una regola fondamentale dell'epoca della controriforma, ovvero che in un'immagine il contenuto fosse predominante rispetto allo stile. Filippo seguiva con grande interesse le commissioni artistiche e aveva dei gusti molto definiti: anche una scultura raffigurante una Crocifissione di Benvenuto Cellini, opera che si fece attendere a lungo, non incontrò il suo gusto e venne sistemata in un luogo meno rilevante. Il successivo esperimento di Filippo, che si rivolse a Federico Zuccari, ebbe successo ancor minore. Comunque sia andata, l'insoddisfazione di Filippo pose fine ad ogni speranza che El Greco avesse avuto di ottenere il patronato reale.

Le opere della maturità e gli ultimi anni

Privo del sostegno del Re, El Greco si vide costretto a restare a Toledo, dove fin dal suo arrivo nel 1577 era considerato un grande pittore. Secondo Hortensio Félix Paravicino, un predicatore e poeta spagnolo del XVII secolo, «Creta gli diede i natali e l'abilità di pittore, Toledo gli diede una patria migliore, dove nel cammino verso la morte iniziò a conquistarsi la vita eterna». Nel 1585 sembra avesse ingaggiato un assistente, il pittore italiano Francesco Preboste, e possedeva una bottega in grado di produrre oltre a dipinti anche statue e cornici d'altare.
Il 12 marzo 1586 ottenne una commissione per realizzare la Sepoltura del conte di Orgaz, che oggi è diventata la sua opera più celebre. Il decennio che va dal 1597-1607 per El Greco fu un periodo di intensa attività. In quegli anni ricevette varie commissioni importanti e la sua bottega realizzò gruppi pittorici e scultorei per diverse istituzioni religiose.
Tra le commissioni più rilevanti del periodo ci sono tre altari realizzati per la Cappella di San Giuseppe a Toledo (1597-1599), tre dipinti per il Collegio de Doña María di Aragona (1596-1600), un monastero agostiniano di Madrid, e l'altare maggiore con quattro altari laterali e il dipinto di San Ildefonso per la cappella Maggiore dell'Hospital de la Caridad di Illescas (1603-1605).

La minuta della commissione per la Vergine dell'Immacolata Concezione (1607-1613), scritta dal personale dell'amministrazione cittadina, descrive El Greco come "uno degli uomini più grandi sia all'interno del regno che fuori".
Tra il 1607-1608 El Greco rimase coinvolto in una lunga disputa legale, riguardante il pagamento dei suoi lavori, con i responsabile dell'Hospital de la Caridad di Illetas; questa, oltre ad altre controversie legali, contribuirono a portarlo verso le difficoltà economiche che incontrò verso la fine della sua vita. nel 1608 ricevette l'ultima grande commissione, per conto dell'Hospital di San Giovanni Battista a Toledo.


El Greco aveva eletto Toledo a sua patria. Contratti giunti fino a noi lo citano come proprietario dal 1585 in poi di un complesso di tre appartamenti e ventiquattro stanze appartenute al Marchese di Villena. Fu proprio in quegli appartamenti, che gli servivano anche come laboratorio e bottega, che trascorse il resto della sua vita, dipingendo e studiando. Tenne uno stile di vita piuttosto elevato e spesso ingaggiava dei musicisti che lo intrattenessero mentre cenava.
Non ci sono conferme del fatto che convivesse con la sua compagna spagnola, Jerónima de Las Cuevas, che probabilmente non sposò mai. La donna fu la madre del suo unico figlio, Jorge Manuel, nato nel 1578, che diventò a sua volta un pittore aiutando il padre e continuando a imitare il suo stile compositivo per anni dopo aver ereditato la bottega. Nel 1604 Jorge Manuel e Alfonsa de los Morales diventarono genitori del nipote di El Greco, Gabriel, che fu battezzato da Gregorio Angulo, governatore di Toledo e amico personale dell'artista.
Mentre lavorava a un'opera commissionatagli dall'Hospital de Tavera El Greco si ammalò gravemente e, un mese dopo, il 7 aprile 1614, morì. Pochi giorni prima, il 31 marzo, aveva incaricato il figlio di porre in atto le sue ultime volontà. Testimoni di quest'atto furono due suoi amici greci (El Greco non aveva mai perso del tutto il contatto con le sue origini). Fu sepolto nella chiesa di San Domenico di Antigua.

Tecnica e stile

Uno dei principi fondamentali dello stile di El Greco è il primato dell'immaginazione e dell'intuizione sulla rappresentazione soggettiva della creazione. El Greco rifiutò i principi classicisti come misura e proporzione.
Credeva che la grazia fosse l'obiettivo principale dell'arte, ma il pittore ha raggiunto la grazia solo se riesce a risolvere le problematiche più complesse con facilità e disinvoltura.
El Greco pensava che il colore fosse l'elemento più importante e allo stesso tempo meno governabile di un dipinto, e dichiarò che il colore aveva la supremazia rispetto all'immagine. Francisco Pacheco del Río, un pittore che fece visita a El Greco nel 1611, scrisse che all'artista piacevano «grandi macchie di colori puri e non mescolati, come fossero immodesti segni della sua abilità».
Lo storico dell'arte Max Dvořák è stato il primo studioso a mettere in relazione l'arte di El Greco con il manierismo e l'antinaturalismo. Gli studiosi moderni definiscono la dottrina dei El Greco come «tipicamente manierista» e individuano le sue origini nel neoplatonismo rinascimentale.


Jonathan Brown ritiene che El Greco si sia sforzato di creare una forma d'arte raffinata; secondo Nicholas Penny «giunto in Spagna, El Greco fu capace di inventare un proprio stile personale che sconfessava la maggior parte delle ambizioni descrittive della pittura».
Nelle opere della maturità El Greco dimostrò una caratteristica tendenza a drammatizzare piuttosto che a descrivere; un forte turbamento spirituale si trasferisce dal dipinto direttamente agli osservatori. Secondo Pacheco il perturbato, distorto e talvolta apparentemente poco curato tratto di El Greco era in realtà dovuto al suo meditato impegno nel tentare di acquisire una libertà di stile.
La preferenza di El Greco per le figure molto alte e snelle e per le composizioni verticalmente allungate, capaci sia di soddisfare i suoi scopi espressivi che di obbedire ala sua dottrina estetica, lo portò a trascurare le leggi di natura e ad allungare sempre di più le sue composizioni, in particolare quando erano destinate a delle pale d'altare. 
Nelle opere della sua maturità l'anatomia umana venne sempre più trasfigurata; per La Vergine dell'Immacolata Concezione El Greco chiese di allungare la pala stessa di circa mezzo metro «perché in questo modo la sua immagine sarà perfetta e non ridotta, che è la cosa peggiore che può capitare a una figura». Una delle innovazioni più significative delle opere della maturità di El Greco fu l'integrazione tra immagini e spazio; viene sviluppata una reciproca relazione che unifica completamente la superficie dipinta. Una integrazione simile sarebbe riemersa solo tre secoli dopo, nelle opere di Cézanne e Picasso.


Altra caratteristica del tardo stile di El Greco è l'uso della luce. Come nota Jonathan Brown, «ogni figura sembra avere la propria luce dentro di sé oppure riflette la luce che proviene da una sorgente invisibile». Fernando Marias e Agustín Bustamante García, gli studiosi che hanno trascritto le annotazioni manoscritte di El Greco, associano la forza che il pittore dona alla luce con l'ideale alla base del neoplatonismo cristiano.
La critica moderna pone l'attenzione sull'importanza che ebbe Toledo per il completo sviluppo dello stile di El Greco e pone in rilievo la capacità dell'artista di adattare il suo stile all'ambiente che lo circondava. Harold Wethey sostiene che «anche se era greco di origine e italiano come preparazione artistica, l'artista si immerse così a fondo nell'ambiente profondamente religioso spagnolo da diventare l'artista visuale più rappresentativo del misticismo spagnolo»; egli crede che nelle opere più mature di El Greco «la sua attitudine profondamente spirituale riflette lo spirito della chiesa cattolica romana di Spagna del periodo della Controriforma».
El Greco fu anche un eccellente ritrattista, capace di mettere sulla tela le sembianze di chi posava, di comunicare il suo carattere. Eseguì numericamente meno ritratti rispetto ai dipinti di argomento religioso, ma la loro qualità è egualmente elevata. Wethey afferma che "in modo semplice l'artista creava caratterizzazioni memorabili che lo pongono tra i ritrattisti più gradi, insieme a Tiziano e Rembrandt".

Possibili affinità con l'arte bizantina

A partire dagli inizi del XX secolo, gli studiosi hanno iniziato a chiedersi se lo stile di El Greco potesse avere le sue origini nell'arte bizantina. Alcuni storici dell'arte hanno sostenuto che le radici artistiche di El Greco affondavano profondamente nella tradizione bizantina, e che le sue caratteristiche più peculiari discendono in maniera diretta dall'arte dei suoi antenati, altri al contrario hanno affermato che l'arte bizantina non può essere messa in relazione con le opere di El Greco della fine della sua carriera.
La scoperta della Dormizione della Vergine sull'isola di Siro, opera autentica e firmata dall'artista del suo periodo cretese, e le approfondite ricerche d'archivio dei primi anni sessanta, hanno contribuito a riaccendere il dibattito ed a rivalutare queste teorie.
Nonostante segua diverse delle convenzioni stilistiche proprie delle icone bizantine, alcuni aspetti del dipinto mostrano senza dubbio l'influenza dell'arte veneziana e la composizione, che mostra la morte di Maria, fonde le differenti dottrine della dormizione ortodossa e dell'assunzione cattolica.
Importanti lavori critici della seconda metà del XX secolo dedicati a El Greco rivalutano alcune delle interpretazioni della sua opera, tra cui le supposte radici bizantine. Basandosi sugli appunti scritti da El Greco stesso, con il suo tipico stile, e sul fatto che l'artista scrivesse la sua firma in caratteri greci, si può individuare una continuità organica tra la pittura bizantina e la sua arte.


Secondo Marina Lambraki-Plaka «lontano dall'influenza dell'Italia, in un luogo neutrale e simile sotto il profilo intellettuale al suo luogo di nascita, Candia, gli elementi bizantini della sua formazione emersero ed ebbero un ruolo importante nella nuova concezione dell'immagine che ci viene presentata nelle sue opere della maturità».
Con questo giudizio la Lambraki-Plaka si pone in contrapposizione ai professori dell'Università di Oxford Cyril Mango e Elizabeth Jeffreys, che sostengono che «nonostante si affermi il contrario, l'unico elemento bizantino dei suoi più celebri dipinti era la firma in caratteri greci». Nikos Hadjinikolaou afferma che a partire dal 1570 la pittura di El Greco è «né bizantina né post-bizantina, ma occidentale. Le opere che realizzò in Italia appartengono alla storia dell'arte italiana, e quelle che produsse in Spagna alla storia dell'arte spagnola».
Lo storico dell'arte britannico David Davies cerca le origini dello stile di El Greco nella sua educazione greco-cristiana e nel suo ricordo degli aspetti liturgici e cerimoniali della Chiesa ortodossa. Davies crede che l'atmosfera religiosa del periodo della controriforma e l'estetica del manierismo abbiano agito da catalizzatori nella creazione della sua tecnica personale.
Egli afferma inoltre che le filosofie platonica e neoplatonica, le opere di Plotino e dello Pseudo-Dionigi l'Areopagita, i testi dei Padri della Chiesa e la liturgia offrono le chiavi per comprendere lo stile di El Greco.
Riassumendo le varie discussioni su questo punto, José Álvarez Lopera, curatore del Museo del Prado di Madrid, conclude che la presenza dei "ricordi bizantini" è evidente nelle opere di El Greco della maturità, anche se ci sono ancora dei punti oscuri riguardo alle sue origini bizantine che avrebbero bisogno di ulteriori chiarimenti.


Architettura e scultura

El Greco fu notevolmente apprezzato dai suoi contemporanei anche come architetto e scultore. Era solito progettare e realizzare per intero le composizioni artistiche che decoravano gli altari non solo intervenendo come pittore, come fece, ad esempio per l'Hospital de la Caridad. Decorò infatti la cappella dell'Hospital, ma l'altare ligneo e le sculture sono con ogni probabilità andati perduti. Per l'El Espolio l'artista progettò l'altare originale di legno dorato che è andato distrutto, ma il piccolo gruppo scultoreo del Miracolo di San Ildefonso è arrivato fino a noi.
La sua più importante opera architettonica furono la chiesa e il monastero di Santo Domingo el Antiguo, edifici per cui realizzò anche sculture e dipinti.
El Greco è considerato un pittore che tende ad incorporare l'architettura nei suoi dipinti. Si ritiene che nel periodo trascorso a Toledo fosse solito anche realizzare le complesse cornici dei suoi dipinti; Pacheco lo definisce uno «scrittore di pittura, scultura e architettura».
Nei marginalia che El Greco aggiunse alla sua copia della traduzione del De Architectura di Vitruvio fatta da Daniele Barbaro, l'artista rifiuta l'attaccamento che Vitruvio manifesta verso le rovine archeologiche, le proporzioni canoniche, la prospettiva e la matematica. El Greco avversava il concetto stesso di regola in architettura; credeva soprattutto nella libertà di inventare e difendeva le novità, la varietà e la complessità. Queste idee furono però di gran lunga troppo azzardate per la sua epoca e non riuscirono ad avere alcuna risonanza nell'immediato.


L'eredità

- La considerazione postuma da parte dei critici

El Greco fu molto poco considerato dalle generazioni immediatamente successive, perché il suo lavoro sotto molti aspetti era opposto ai principi del primo stile barocco che iniziò ad imporsi verso gli inizi del XVII secolo e che presto finì per soppiantare gli ultimi fuochi del manierismo del XVI secolo. El Greco fu giudicato incomprensibile e non ebbe seguaci di rilievo. Solo suo figlio e alcuni altri sconosciuti pittori realizzarono delle poco valide imitazioni dei suoi lavori.
Tra la fine del XVII secolo e l'inizio del XVIII dei critici spagnoli iniziarono a lodare la sua abilità, criticando però al contempo il suo stile anti-naturalistico e la sua complessa iconografia. Alcuni di questi studiosi, come Acislo Antonio Palomino de Castro y Velasco e Juan Agustín Ceán Bermúdez, descrissero le sue opere della maturità come «disprezzabili», «ridicole» e «meritevoli di disprezzo». Il punto di vista di Palomino e Bermúdez venne frequentemente ripreso nella storiografia spagnola, con l'aggiunta di termini come «strano», «bizzarro», «originale», «eccentrico» e «stravagante».


Con l'arrivo del Romanticismo alla fine del XVIII secolo, le opere di El Greco furono valutate di nuovo e in maniera diversa. Secondo lo scrittore francese Théophile Gautier, El Greco fu il precursore del movimento Romantico europeo nella sua ricerca della stranezza e dell'estremo.
Gautier giudicava El Greco come l'eroe romantico ideale (il «talentuoso», l'«incompreso», il «folle»), e fu il primo ad esprimere esplicitamente la sua ammirazione per la tecnica di El Greco delle sue ultime opere.
I critici d'arte francesi Zacharie Astruc e Paul Lefort contribuirono a promuovere un diffuso rinnovato interesse verso la sua pittura. Nel decennio del 1890, vari pittori spagnoli residenti a Parigi lo adottarono come propria guida e punto di riferimento.
Nel 1908, lo storico dell'arte spagnolo Manuel Bartolomé Cossío pubblicò il primo catalogo generale delle opere di El Greco; nel testo El Greco fu presentato come il fondatore della scuola spagnola. Nello stesso anno Julius Meier-Graefe, studioso dell'impressionismo francese, fece un viaggio in Spagna con l'intento di studiare Velásquez, ma rimase invece affascinato da El Greco; raccontò le sue esperienze in Spanische Reise, il libro che finì per imporre definitivamente El Greco come grande pittore del passato anche al di fuori di ristretti circoli.
Nell'opera di El Greco Meier-Graefe vede i prodromi dell'arte moderna.


Nel 1920 l'artista e critico d'arte inglese Roger Fry scrisse che El Greco fu un tipico genio che agiva come meglio pareva a lui «del tutto indifferente all'effetto che il modo di esprimersi che riteneva corretto avrebbe potuto produrre sul pubblico». Fry lo descrisse come «un antico maestro, che non solo è comunque moderno, ma di fatto sembra essere ancora molti passi avanti a noi e si volta indietro per mostrarci la via».
Nello stesso periodo altri ricercatori svilupparono teorie alternative e più radicali. I medici August Goldschmidt e Germán Beritens ipotizzarono che El Greco dipingesse figure umane così allungate perché aveva problemi di vista (forse un astigmatismo o strabismo progressivo) che gli facevano vedere i corpi più lunghi di quanto fossero e con un'angolatura più verticale.
Un altro medico, Arturo Perera, attribuì invece il suo particolare stile all'uso di marijuana.
Michael Kimmelman, critico del The New York Times, sostenne che «per i greci diventò la quintessenza del pittore greco e per gli spagnoli la quintessenza di quello spagnolo».
Come dimostrato dal felice esito della campagna di raccolta fondi lanciata dalla Pinacoteca Nazionale di Atene nel 1995 per l'acquisto del San Pietro, El Greco è apprezzato non solo dagli esperti e amanti dell'arte, ma anche dalla gente comune; grazie alle donazioni di singoli individui e di fondazioni di beneficenza La pinacoteca riuscì a raccogliere 1,2 milioni di dollari, acquistando così il dipinto.


Influenza su altri artisti

La rivalutazione dell'arte di El Greco non fu limitata ai soli studiosi. Secondo Efi Foundoulaki, «pittori e teorici fin dall'inizio del XX secolo 'scoprirono' un nuovo El Greco ma, nel mentre, scoprirono anche se stessi».
La sua capacità espressiva e il suo uso del colore influenzarono Eugène Delacroix e Édouard Manet.
Secondo il gruppo di artisti Der Blaue Reiter, formatosi a Monaco di Baviera nel 1911, El Greco simboleggiava la «struttura mistica interiore» la riscoperta della quale era l'obiettivo della loro generazione.
Il primo pittore che sembra essersi interessato al codice strutturale della morfologia dei dipinti dell'El Greco della maturità fu Paul Cézanne, uno dei precursori del cubismo.
Analisi morfologiche comparative dell'opera dei due pittori rivelano i loro elementi comuni, come la distorsione della figura umana, gli sfondi rossastri e (solo in apparenza) poco elaborati e le somiglianze nell'utilizzo e nella rappresentazione degli spazi.
Secondo Brown, «Cézanne ed El Greco sono spiritualmente fratelli, a dispetto dei secoli che li separano».
I simbolisti, e Pablo Picasso nel suo periodo blu, si ispirarono alle tonalità fredde di El Greco, servendosi anche della stessa anatomia delle sue figure ascetiche. Mentre Picasso stava lavorando a Les Demoiselles d'Avignon, fece visita all'amico Ignacio Zuloaga nel suo atelier di Parigi e studiò l'Apertura del quinto sigillo dell'Apocalisse di El Greco (che era di proprietà di Zuloaga dal 1897).


Il rapporto tra Les Demoiselles d'Avignon e l'Apertura del quinto sigillo dell'Apocalisse venne messa in evidenza nel primi anni ottanta, quando le similitudini stilistiche e le correlazioni tra gli elementi base dei due dipinti vennero attentamente analizzate.
I primi esperimenti cubisti di Picasso avrebbero poi svelato altre caratteristiche tipiche delle opere di El Greco: l'analisi strutturale delle sue composizioni, la rifrazione multiforme delle immagini, l'intreccio di forme e spazio e gli speciali effetti causati dalle zone di massima luce. Diversi aspetti del cubismo, come le distorsioni e l'interpretazione fisica del tempo trovano analogie nelle opere di El Greco. Secondo Picasso la struttura delle opere di El Greco è cubista.

Il 22 febbraio 1950 Picasso inaugurò la sua serie di parafrasi di opere di altri pittori con Il ritratto di un pittore dopo El Greco. Foundoulaki dice che Picasso «completò [...] il processo di rivitalizzazione dei valori pittorici di El Greco che era stato iniziato da Manet e portato avanti da Cézanne».
Gli espressionisti concentrarono l'attenzione sulle distorsioni espressive di El Greco.


Franz Marc, uno dei principali rappresentanti del movimento espressionista tedesco, disse «Ci rifacciamo con piacere e risolutezza a El Greco, perché la fama di questo pittore è strettamente legata all'evoluzione delle nostre nuove intuizioni artistiche».

Anche Jackson Pollock, grande esponente della corrente dell'espressionismo astratto, fu influenzato da El Greco. Prima della fine del 1943 Pollock aveva realizzato sessanta composizioni a disegno sulla scia di quelle di El Greco e possedeva tre libri sulle opere del maestro cretese.

La personalità ed il lavoro di El Greco furono fonte di ispirazione per il poeta Rainer Maria Rilke. Un gruppo di poesie di Rilke (Himmelfahrt Mariae I.II., 1913) furono direttamente basate sull'Immacolata Concezione del pittore.
Lo scrittore greco Nikos Kazantzakis, che sentiva una grande affinità spirituale con il pittore, intitolò la propria autobiografia Rapporto a El Greco e scrisse inoltre un tributo all'artista di origine cretese.
Nel 1998 il compositore di musica elettronica e artista Vangelis pubblicò El Greco, un album sinfonico ispirato all'artista. L'album rappresenta un'espansione di un precedente lavoro di Vangelis Foros Timis Ston Greco (Φόρος Τιμής Στον Γρέκο, It. "Un tributo a El Greco"). La vita dell'artista nato a Creta è stata anche il soggetto del film El Greco, coproduzione greco - spagnolo - britannica. Il primo ciak della pellicola diretta da Yannis Smaragdis fu dato a Creta nell'ottobre 2006; El Greco è stato interpretato dall'attore britannico Nick Ashdon. | © Wikipedia