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Wassily Kandinsky | III. La svolta spirituale

Lo spirituale nell'arte, 1910

Il triangolo procede lentamente verso l'alto. Oggi una delle più ampie sezioni inferiori ha raggiunto il livello dei primi postulati del "dogma" materialistico. Da un punto di vista religioso i suoi abitanti hanno vari nomi. Si chiamano Ebrei, Cattolici, Protestanti, ecc. In realtà sono atei, come i più audaci (o i più limitati) di loro riconoscono apertamente.
Il "cielo" è vuoto.
"Dio è morto".
Politicamente sono democratici o repubblicani. La paura, il disprezzo e l'odio che un tempo nutrivano per queste tendenze politiche li hanno riversati oggi sull'anarchia, di cui conoscono solo il terribile nome. In economia sono socialisti. Affilano la spada della giustizia per vibrare il colpo mortale all'idra capitalista e tagliare la testa al male.

Wassily Kandinsky | Amsterdam view from the window

Poiché gli abitanti di questa grande sezione del triangolo non sono mai riusciti a risolvere un problema da soli e sono sempre stati trainati sul carro dell'umanità dai sacrifici di uomini migliori di loro, non sanno nulla della spinta verso l'alto, che hanno sempre visto solo da lontano. S'immaginano perciò che spingere il carro sia facile e credono in ricette efficacissime e in cure infallibili.

La sezione immediatamente inferiore è trascinata passivamente in alto dalla sezione ora descritta, ma si aggrappa ancora alla vecchia posizione per paura di addentrarsi nell`ignoto e di essere ingannata.

Da un punto di vista religioso le sezioni superiori non solo sono ciecamente aree, ma possono giustificare la loro irreligiosità con parole come, ad esempio, quelle di Virchow, così indegne di uno scienziato: "Ho sezionato molti cadaveri, non ho mai trovato un'anima".
Politicamente sono per lo più repubblicani, conoscono le convenzioni parlamentari e leggono articoli di politica. In campo economico sono socialisti di sfumature diverse, e sanno sostenere le loro "convinzioni" con parecchie citazioni (dalla Emma di Schweitzer alia Legge ferrea di Lassalle, fino al Capitale di Marx, ecc., ecc.).

In queste sezioni superiori appaiono gradualmente delle discipline che nelle sezioni precedenti mancavano, come la scienza e l'arte, a cui appartengono anche letteratura e musica.

In campo scientifico sono positivisti e riconoscono solo quello che può essere pesato, misurato. Il resto lo pongono fra le sciocchezze, magari dannose, fra cui fino a ieri ponevano le teorie oggi "dimostrate".

In campo artistico sono naturalisti e, entro certi limiti che sono stati posti da altri e in cui perciò hanno una fede incrollabile, riconoscono e anche apprezzano la personalità, la singolarità e il temperamento dell'artista.


In queste sezioni superiori, nonostante l'evidente ordine, la sicurezza e i princìpi infallibili, si avvertono la paura latente, la confusione, la volubilità, l'insicurezza che possono avere i viaggiatori di un grande e solido transatlantico, quando in alto mare, scomparsa nella nebbia la terraferma, si addensano nuvole nere e il vento fosco solleva nere montagne di acqua. La causa è la loro educazione. Sanno che lo scienziato, lo statista, l'artista che oggi è venerato ieri era considerato un imbroglione, un truffatore, un arrivista da non prendere sul serio.
E più si sale nel triangolo spirituale, più diventa evidente questa paura, o questa insicurezza, con tutta la sua spigolosità.

Prima di tutto, c'è chi sa guardare coi propri occhi e ha un'intelligenza capace di sintesi. Queste persone si domandano se la sapienza dell'altroieri è stata superata da quella di ieri e quella di ieri da quella di oggi, non sarà che anche la sapienza di oggi verrà superata da quella di domani? E i più coraggiosi rispondono: "È possibile".

In secondo luogo, c'è chi sa vedere quello che la scienza odierna "non ha ancora spiegato". Queste persone si domandano: "La scienza, proseguendo sulla strada che ormai percorre da tempo, arriverà a risolvere questi enigmi? E se ci arriva, si potrà credere alle sue risposte?"

In queste sezioni del triangolo ci sono anche scienziati di professione che ricordano come tanti fatti, oggi ammessi e riconosciuti dalle Accademie, erano stati accolti inizialmente da quelle stesse Accademie. Ci sono anche studiosi d'arte che scrivono libri ponderosi e apologetici sull'arte che ieri consideravano assurda. Con questi libri abbattono barriere che l'arte ha scavalcato da tempo, e ne pongono di nuove, destinate a durare per sempre. Non capiscono che coi loro interventi pongono delle barriere non davanti, ma dietro all'arte. Quando lo capiranno scriveranno subito altri libri, e sposteranno le barriere più avanti. Quest'attività continuerà inalterata finché non si comprenderà che la legge esteriore dell'arte può valere solo per il passato, non per il futuro. Non si può teorizzare sul prossimo cammino, che avrà luogo nel regno dell'immateriale. Non si può cristallizzare materialmente ciò che materialmente non esiste ancora. Solo il sentimento (mediato dal talento dell'artista) può riconoscere lo spirito che ci porta al regno del domani. La teoria è la lucerna che illumina le forme cristallizzate di ieri e dell'altroieri. (Su questo argomento, vedi più oltre il cap. VII, Teoria.)
E se saliamo ancora più in alto, troviamo ancora più confusione, come in una grande città, costruita secondo le regole matematico-architettoniche, che venga improvvisamente distrutta da una forza immensa. Gli uomini che vivono in questa sezione vivono come in una città spirituale, dove si scatenano improvvisamente delle forze che gli architetti e i matematici dello spirito non avevano previsto. Una parte delle poderose mura è crollata come un castello di carte. Una torre colossale che giungeva al cielo, composta di tanti pilastri spirituali traforati ma "invincibili", giace a pezzi. Trema il vecchio cimitero dimenticato. Vecchie tombe si aprono, lasciano uscire spiriti dimenticati. Il sole artisticamente scolpito ha delle macchie e si oscura. Come lo sostituiremo nella lotta contro le tenebre?

In questa città vivono anche degli uomini resi sordi da una lontana sapienza, che non sentono la catastrofe. Sono anche ciechi, perché quella sapienza li ha anche accecati, e dicono: "Il sole diventa sempre più luminoso e presto spariranno le ultime macchie". Anche questi uomini udranno e vedranno.

Più in alto, la paura svanisce. Un lavoro febbrile scuote audacemente i pilastri eretti dagli uomini Anche qui ci sono scienziati di professione che continuano ad analizzare gli elementi, non si arrestano davanti a nessun problema e mettono finalmente in dubbio l'esistenza della materia, su cui finora era fondato tutto l'universo. La teoria degli elettroni, cioè dell'elettricità in movimento che sostituisce completamente la materia, sta trovando degli audaci propugnatori, che oltrepassano a volte i limiti della prudenza e cadono espugnando la nuova cittadella della scienza, come soldati dimentichi di sé che si sacrificano per gli altri, nel disperato assalto a un agguerrita fortezza. Ma "non c'è fortezza che non si possa conquistare". Del resto si moltiplicano o almeno si conoscono più spesso dei fatti che la scienza di ieri definiva con la parola "imbroglio". Perfino i giornali, questi servi generalmente fedeli del successo e della plebe, dipendono da "ciò che vuole il pubblico", sono costretti in certi casi ad attenuare e magari a evitare il tono ironico quando riportano dei "prodigi". Vari scienziati, fra cui dei materialisti puri, si dedicano all'analisi scientifica di fatti misteriosi, che non si possono più negare o nascondere.

D'altra parte sta crescendo anche il numero degli uomini che non hanno fiducia nei metodi della scienza materialistica quando è in gioco la "non-materia", o una materia inaccessibile ai nostri sensi. E proprio come l`arte chiede aiuto ai primitivi, questi uomini ricorrono a tempi e a metodi quasi dimenticati. Metodi peraltro ancora in uso presso popoli che dall'alto delle nostre conoscenze eravamo abituati a guardare con compassione e disprezzo.
A questi popoli appartengono, per esempio, gli Indiani che ogni tanto sottopongono all`attenzione dei nostri scienziati fatti misteriosi, che a suo tempo sono stati trascurati o respinti come mosche fastidiose, con spiegazioni e parole superficiali.
La signora H.P. Blavatzky ha stabilito per la prima volta, dopo un lungo soggiorno in India, uno stretto legame fra quei "selvaggi" e la nostra cultura. E nato così un importante movimento spirituale
che oggi comprende un gran numero di persone e ha preso figura fisica nella Società Teosofica. Questa società è composta di logge, che cercano di accostarsi ai problemi dello spirito attraverso la conoscenza interiore. I loro metodi si contrappongono a quelli positivistici, partono da premesse antiche e sono espressi con relativa precisione.
La teoria teosofica, che è alla base di questo movimento, è stata elaborata dalla Blavatzky come un catechismo, dove il discepolo trova le risposte precise del teosofo alle sue domande. La Teosofia, secondo la Blavatzky, coincide con l'eterna verità. "Un nuovo apostolo della verità troverà l'umanità preparata dalla Società Teosofica a ricevere il suo annuncio: ci sarà una forma espressiva a cui potrà affidare le nuove verità, un'organizzazione che attende solo la sua venuta per sollevarlo dagli ostacoli e dalle difficoltà materiali".
E a questo punto la Blavatzky afferma che "nel secolo XXI la terra sarà un paradiso in confronto a come è oggi" e conclude così il suo libro.

In ogni caso, se anche la facilità di teorizzazione dei teosofi e la soddisfazione un po' affrettata con cui trovano risposta ai grandi interrogativi eterni possono suscitare un certo scetticismo, resta il fatto che questo ampio movimento spirituale è uno stimolo vigoroso, che raggiungerà come un grido di liberazione qualche cuore disperato, avvolto nelle tenebre e nella notte; è l'apparire di una mano che indica la via e offre aiuto.


Quando vengono scosse religione, scienza e morale (quest ultima dalla potente mano di Nietzsche), quando i sostegni eterni stanno per crollare, l'uomo distoglie lo sguardo dall'esteriorità e lo rivolge a se stesso.
La letteratura, la musica e l'arte sono i campi in cui la svolta spirituale comincia a manifestarsi più sensibilmente. Questi campi rispecchiano la cupa immagine del presente e preannunciano una grandezza che all'inizio è solo un piccolo punto avvertito da pochi, e per la massa non esiste.
Rispecchiano una grande oscurità, che all'inizio si percepisce appena, e che emerge prepotentemente. E si oscurano e si aggrondano anche loro. Intanto si allontanano dalla ottusità della vita contemporanea e si rivolgono a cose e ambienti che meglio corrispondono alle loro aspirazioni ideali.

Uno di questi poeti, in campo letterario, è Maeterlink, che ci ha introdotti nel cosiddetto mondo della fantasia o, meglio, nel mondo sovrasensibile. I suoi Princesse Maleine, Sept Princesses, Les, Aveugles, ecc., non sono uomini del passato, come gli eroi stilizzati da Shakespeare.
Sono solo anime che cercano nella nebbia, da mi rischiano di essere soffocate, anime su cui incombe una potenza oscura e invisibile. Le tenebre spirituali, l'insicurezza e la paura derivata dall'ignoranza formano il loro mondo. Cosi Maeterlink forse uno dei primi profeti, dei primi scrittori, dei primi visionari di quella decadenza al cui accennavamo prima. L'oscurarsi dell'atmosfera spirituale, la mano che distrugge e guida e provoca una disperata paura, la via smarrita, la mancanza di guida, si riflettono chiaramente nelle sue opere.
Questa atmosfera si affida soprattutto ai mezzi artistici, perché i dati concreti (tetri castelli, notti di luna paludi, vento, civette, ecc.) hanno un valore più che altro simbolico e servono semmai come un'eco interiore.

Il mezzo fondamentale di Maeterlink è la parola.
La parola è un suono interiore. Il suono interiore deriva in parte (o soprattutto) dall'oggetto, a cui la parola da nome.
Quando sentiamo il nome di un oggetto, senza vederlo, nella nostra mente si forma una rappresentazione astratta, un oggetto smaterializzato, che ci dà immediatamente un'emozione. Così l'albero verde, giallo, rosso nel prato è solo un dato materiale, una forma casualmente materializzata dell'albero che sentiamo in noi, quando udiamo la parola albero. L'uso intelligente (con sensibilità poetica) di una parola, la sua ripetizione interiormente necessaria può non solo dilatarne il suono interiore, ma anche metterne in luce proprietà spirituali sconosciute. Infine, una parola ripetuta spesso (gioco infantile che poi si dimentica) perde il suo senso esteriore. Il significato dell'oggetto si svuota, rivelando il puro suono della parola. Questo suono "puro" lo sentiamo forse inconsapevolmente anche nominando un oggetto reale divenuto astratto.
In quest'ultimo caso, però, il suono puro è predominante e colpisce direttamente l'anima. L'anima prova un emozione senza oggetto, che è ancora più complessa, vorrei dire "più sovrasensibile" di quella suscitata dai rintocchi di una campana, dal suono di una corda, dal rumore della caduta di un'asse. Si aprono qui grandi possibilità per la letteratura futura.
La forza della parola è usata in parte già nelle Serres chaudes. In Maeterlink una parola apparentemente neutra ha un suono cupo. Una parola semplice, comune (ad esempio "capelli") detta con intensità può creare un'atmosfera di sconforto, di disperazione.

É questo il mezzo che usa Maeterlink. Ci fa vedere, cioè, che il tuono, il lampo o la luna nascosta tra nuvole fuggenti sono mezzi materiali esteriori, capaci al massimo di assumere sulla scena il ruolo che nella vita ha "l'uomo nero" per i bambini. I mezzi interiori invece non perdono così facilmente efficacia.

Wassily Kandinsky | Improvisation III, 1909

La parola, che ha dunque due significati - uno immediato e uno interiore - è la materia prima della poesia e della letteratura, una materia che solo quest'arte può usare per parlare all'anima.
Qualche cosa di simile ha fatto in musica Richard Wagner. Il suo famoso Leitmotiv è un tentativo di caratterizzare l'eroe non con apparecchiature teatrali, balletti e effetti di luce, ma con un motivo preciso, determinato, cioè con un mezzo puramente musicale. Il motivo è una specie di atmosfera spirituale espressa musicalmente, che preannuncia l'eroe e che l'eroe diffonde intorno a sé.
I musicisti più moderni, come Debussy, si affidano spesso a impressioni spirituali dettate dalla natura, trasfigurando le immagini in forma puramente musicale. Debussy viene infatti paragonato agli impressionisti perché come loro si ispira nelle sue opere ai fenomeni naturali che interpreta soggettivamente a grandi tratti. La verità di questa tesi è un esempio del fatto che nella nostra epoca molte arti imparano l'una dall'altra e spesso hanno gli stessi scopi. Sarebbe però azzardato affermare che questa definizione esaurisca l'importanza di Debussy. Nonostante l'analogia con impressionisti, la sua aspirazione all'interiorità è talmente intensa che nelle sue opere si riconosce immediatamente l'anima del presente, col suo suono incrinato, le sue sofferenze strazianti e i suoi nervi a pezzi.
Del resto Debussy non usa mai, neppure nelle immagini "impressionistiche", una descrizione interamente materiale, come fa la musica a programma, ma sfrutta il valore interiore di un fenomeno.

Debussy è stato profondamente influenzato dalla musica russa (Musorgskij). Non deve sorprendere la sua affinità con i giovani musicisti russi, soprattutto con Skrjabin. Nelle loro composizioni si avverte lo stesso suono interiore. E spesso si è disturbati dallo stesso errore. A volte infatti i due compositori si lasciano improvvisamente allontanare dalle "brutture moderne" e cedono al fascino di una "bellezza" più o meno convenzionale. L'ascoltatore si sente spesso offeso perché viene lanciato continuamente, come una palla da tennis, oltre la rete che divide le due parti avverse: la "bellezza" esteriore e la "bellezza" interiore. Quest'ultima segue la legge della necessità interiore, e rinuncia alla dimensione esteriore, convenzionale. Chi non è abituato alla bellezza interiore, la trova naturalmente brutta, perché l'uomo di solito è portato all'esteriorità (specialmente oggi!).
La totale rinuncia alla bellezza convenzionale, l'amore per tutti i mezzi che portano all'espressione dell'io, lasciano ancor oggi isolato il compositore viennese Arnold Schönberg, noto solo a pochi appassionati. Questo "suonatore di grancassa", "truffatore", e "pasticcione" dice nel suo Manuale di armonia: "ogni accordo, ogni sequenza è possibile. Ma già oggi sento che il fatto di adoperare questa o quella dissonanza dipende da alcune condizioni".

Schönberg avverte chiaramente che anche la più grande libertà, che è il respiro libero e incondizionato dell'arte, non può essere assoluta. Ogni epoca ha la sua parte di libertà, e nemmeno la potenza del genio può oltrepassarne i limiti. Questa parte, però, deve essere usata e infatti viene usata nonostante la resistenza che le viene opposta. Anche Schönberg vuole usarla e cercando la necessità interiore ha già scoperto le miniere d'oro della nuova bellezza. La musica di Schönberg ci conduce in una regione nuova, dove le esperienze musicali non sono acustiche, ma puramente psichiche. Qui comincia la "musica del futuro".

In pittura le tendenze impressioniste subentrano all'idealismo e lo dissolvono. In forma dogmatica e con scopi puramente naturalistici, sfociano nella teoria del neoimpressionismo, che coincide con l'astrazione: secondo questa teoria (che si definisce un metodo universale) non si deve fissare sulla tela un frammento qualsiasi, ma rappresentare tutta la natura nel suo splendore e nella sua luminosità.

Quasi contemporaneamente notiamo tre fenomeni completamente diversi:
1. Rossetti e il suo allievo Burne-Jones con la loro schiera di seguaci;
2. Böcklin con Stuck, che da lui deriva, e i loro seguaci;
3. Segantini e i suoi scialbi imitatori.

Ho scelto questi tre nomi perché sono emblematici della ricerca in campi non materiali.
Rossetti si volse ai preraffaelliti e tentò di rinnovare le loro forme astratte.
Böcklin si addentrò nella sfera del mito e della fantasia e, contrariamente a Rossetti, rivestì le sue figure astratte di forme corporee fortemente accentuate.
Segantini, che sembra il più materiale dei tre, adottò forme naturali definite, elaborate fin nei minimi particolari (come catene di montagne, pietre, animali, ecc), e, nonostante la forma apparentemente materiale, seppe sempre creare figure astratte. Per questo, forse, è interiormente il meno materiale.
Sono questi i cercatori dell'interiorità nell'esteriorità.

Cézanne, che ha cercato una nuova legge della forma, ha affrontato lo stesso problema in un modo diverso, più vicino alla pittura pura. Sapeva trasformare una tazza da tè in un essere animato, o meglio sapeva riconoscere l'essere in quella tazza. Cézanne porta la "natura morta" a un'altezza in cui le cose esteriormente morte diventano interiormente vive. Le tratta come tratta l'uomo, perché ovunque sa vedete la vita interiore. Dà loro un'espressione cromatica, cioè una dimensione intimamente pittorica, e le chiude in una forma traducibile in forme astratte, spesso matematiche, che diffondono armonia. Non rappresenta un uomo, una mela, un albero, ma usa questo materiale per formare qualcosa di intimamente pittorico che si chiama immagine. Così definisce le sue opere anche uno dei più grandi artisti francesi, Henri Matisse. Egli dipinge "immagini" e in queste "immagini" cerca di rendere il "divino". Per riuscirei si serve solo dell'oggetto (un uomo o un'altra cosa) come punto di partenza e dei mezzi propri unicamente della pittura: colore e forma.

Guidato da qualità tutte personali, dotato, come francese, di uno straordinario senso cromatico, Matisse dà la massima importanza al colore. Come Debussy, non sempre riesce a liberarsi della bellezza convenzionale: l'impressionismo ce l'ha nel sangue. Così, in Matisse, fra tanti quadri di grande vitalità interiore e nati dall'urgenza di un'intima necessità, se ne trovano alcuni nati soprattutto da un impulso o uno stimolo esteriore, (quante volte si pensa a Manet!), dotati, soprattutto o esclusivamente, di una vita esteriore.
In essi la bellezza della pittura, tipicamente francese, raffinata, attraente, melodica, raggiunge gelide altezze.

A questa specie di bellezza non indulge mai l'altro grande parigino, lo spagnolo Pablo Picasso.
Picasso, sempre guidato e spesso trascinato dal bisogno di dar espressione al proprio io, passa da un mezzo all'altro; se fra loro c'è un abisso lo supera con un audace salto, fra lo spavento della innumerevole schiera dei seguaci. Si erano illusi di averlo finalmente raggiunto, e ora devono ricominciare il faticoso inseguimento. È nato così l'ultimo movimento "francese", il cubismo, di cui parleremo ampiamente nella seconda parte di questo libro.
Picasso tenta di basare la composizione su rapporti numerici. Nelle più recenti opere (1911) giunge logicamente ad annullare la materia, non dissolvendola ma quasi spezzandola nelle singole parti che poi ricompone nel quadro. Sembra però stranamente che voglia conservare l'apparenza della materialità. Picasso non ha paura di nessun mezzo, e se il colore lo disturba in un problema di disegno, lo butta a mare e dipinge il quadro in bruno e bianco. Questi problemi sono anche la sua forza.
Matisse: colore.
Picasso: forma.
Due grandi vie per una sola grande meta.


Wassily Kandinsky | Lo spirituale nell'arte, 1910

Wassily Kandinsky | Dell'Estetica, 1910

Wassily Kandinsky | Del movimento, 1910