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Agnolo Bronzino | Mannerist painter

Agnolo Bronzino (1503-1563) of Florence, Italy, known as Il Bronzino, was a Mannerist painter.
Mixing styles of the late High Renaissance into the early Baroque period, Mannerists often depicted their subjects in unnatural forms.
Bronzino’s works have been described as “icy” portraits that put an abyss between the subject and the viewer.



After studying with Raffaellino del Garbo, an early Florentine Renaissance painter, Bronzino became a student of Jacopo Pontormo, a founder of the Florentine Mannerist style.
Bronzino’s real name was Agnolo di Cosimo, and the nickname Bronzino may be attributed to the dark complexions of the subjects in his portraits.

He was born in Monticello, just outside Florence and spent most of his life in Florence, rarely leaving the city.
It was under Pontormo, that Bronzino was greatly influenced, but was also one of the few students to endure studies under the difficult Andrea del Sarto.

It was under both Pontormo and Sarto that Il Bronzino was influenced by Michelangelo and Leonardo Da Vinci; who Pontormo was even a student of.


When the Plague broke out in Florence in 1522, Pontormo took Bronzino to the Certosa di Galuzzo Monastery where they worked on a series of Frescoes together.
This was an influential time for him, as he began to gain a reputation working for the Duke or Urbino.
He returned to Florence in 1532 and completed his own Fresco, as well as Portraits.

After working again some with Pontormo, Bronzino received patronage from the Duke of Tuscany, Cosimo de’ Medici, after creating decorations for the Duke’s wedding to Eleonora di Toledo.


His portraits of Cosimo and Eleonora, among other figures of the Duke’s court, revealed a delicate coldness and almost aloof presence in his subjects.
This defined Bronzino’s unemotional, yet stylish portrait technique.
The works were well received and went on to influence a century of European court portraiture.
The Duke also appointed Bronzino to paint Eleonora’s private chapel, which he began in 1545 and finished twenty years later.

As a Spanish noblewoman, Eleonora carried influence into Bronzino’s work of an eloquent, yet strict attention to ritual and ceremony.
With this he contributed an enamel-like, or marble-like, tone, familiar to Florentine Mannerism.
While sometimes referred to as almost Academic Art, it did not lack poetic creativity; as seen in his Portrait of a Genoese Admiral depicted as Neptune, God of the Sea.


Some of his influence was seen in helping to start the Accademia del Disegno - the Florence Academy of Fine Arts with his friend, Italian painter and architect, Giorgio Vasari.
Much of Bronzino’s life is survived in the Vasari’s famous biographies, dedicated to Medici’s court in 1550, and considered the first encyclopedic history of Italian art.
Additional to his Frescoes and Portraits, Bronzino created series of religious works.
Including, The Israelites passing through the Red Sea, (1542), The Resurrection of the Virgin Mary (1552) and The Martyrdom of San Lorenzo (1569).

Bronzino’s last incomplete work was a large Fresco done in San Lorenzo, which he started in 1569, but died in 1572. A beloved student of his, Alessandro Allori, completed the work in his honor.
Many of Bronzino’s most regarded works are still in Florence, but also appear in the National Gallery of London. | © Uffizi Gallery Firenze, Italy.





























Bronzino, Angiol (o Agnolo Tori, detto il Bronzino) - Pittore e poeta fiorentino, nato il 17 novembre 1503, morto il 23 novembre 1563; figliolo di Cosimo di Mariano, d'una famiglia oriunda da San Gimignano trasferitasi in Firenze. Alcuni scrittori dànno al B. il casato di Allori (v.) confondendolo con quello di Alessandro Cristofano di Lorenzo (1535-1607) ritenuto da alcuni nipote del B., mentre non fu effettivamente che suo discepolo.
I fatti principali della vita e dell'arte del Bronzino sono questi:
1522-25, dipinge alla Certosa di Val d'Ema, presso Firenze, in due archi sopra la porta che va dal chiostro grande in capitolo, una Pietà fra gli Angeli e un San Lorenzo;
1524-26, dipinge a Firenze nella cappella di Lodovico Capponi in Santa Felicita due tondi ad olio con teste di Evangelisti; nel chiostro della chiesa di Badia una Storia della vita di San Benedetto, che è andata perduta;


1530-33, è chiamato a Pesaro da Guidobaldo II duca d'Urbino e alla villa detta l'Imperiale dipinge in una volta le Storie della vita di Francesco Maria della Rovere, ormai quasi cancellate; dipinge poi il ritratto del duca Guidobaldo (Galleria Palatina, Firenze);

1533, richiamato insistentemente dal Pontormo, torna a Firenze e aiuta il maestro a finire gli affreschi della villa medicea di Poggio a Caiano (il Pontormo aveva dipinto durante la sua assenza Venere e Amore, su cartone di Michelangelo, Galleria degli Uffizî, Firenze, opera che dovette impressionare molto il B., inducendolo ad una maggiore plasticità);


1534-40, dipinge i ritratti di Bartolomeo e di Lucrezia Panciatichi; di Ugolino Martelli, del Giovane dal liuto (Galleria degli Uffizî, Firenze), forse quello dello Scultore (Louvre, Parigi);

1536, collabora col Pontormo negli affreschi, ormai scomparsi, della villa medicea di Careggi, eseguendo la parte più importante di essi;

1537-42, idem, negli affreschi della villa medicea di Castello, anch'essi periti;

1539, fa due storie di chiaroscuro nel cortile del palazzo Medici in via Larga, in occasione delle nozze del duca Cosimo con Eleonora di Toledo;

1540, entra al servizio del duca Cosimo in qualità di pittore di Corte. S'inizia da allora la serie dei ritratti della famiglia Medici, fra i quali quelli di piccole dimensioni, dipinti su piastra di stagno, di tutti gl'illustri uomini di Casa Medici, eseguiti per lo studiolo di Cosimo fatto dal Vasari in Palazzo Vecchio (una parte di tali ritrattini si trova nella Galleria Palatina di Firenze);

1545-1564, dipinge la cappella di Eleonora di Toledo in Palazzo Vecchio: gli affreschi delle pareti con le Storie di Mosè, quello della vòlta con le apoteosi di San Francesco, di San Girolamo, di San Giovanni, dell'Arcangelo Michele; la pala a olio dell'altare con la Deposizione dalla Croce; le ali laterali dell'altare medesimo, raffiguranti l'Annunciazione (tale cappella costituisce una specie di sintesi dell'arte del B.);

1546 circa, dipinge - forse su cartone di Michelangelo - il quadro Venere, Cupido, la Follia e il Tempo, altrimenti detto La Verità e la Calunnia (Galleria nazionale, Londra);

1552, per la cappella di Giovanni Zanchini, in Santa Croce, dipinge la grande tavola Cristo al Limbo, va a Pisa chiamatovi dal duca Cosimo, fa alcuni ritratti per il medesimo, dipinge quello di Luca Martini, ingegnere delle bonifiche (Galleria Palatina, Firenze); si trattiene a Pisa per dipingere una tavola da collocarsi nel duomo di quella città;

1558, dà termine agli affreschi del Pontormo nell'abside della chiesa di San Lorenzo, rimasti interrotti per la morte del maestro;

1561, il granduca Cosimo lo chiama a riformare la Compagnia del Disegno, della quale il B. diviene uno dei consoli;

1565 circa, per incarico del granduca dipinge una Deposizione per la chiesa dei Frati Zoccolanti di Cosmopoli (Portoferraio) all'isola d'Elba (Galleria d'arte antica e moderna, Firenze), e una Natività per la chiesa dei cavalieri di Santo Stefano a Pisa (Museo di Budapest?);

1569, termina l'affresco dell'Apoteosi di San Lorenzo Martire nella chiesa di San Lorenzo.


La formazione della sua personalità artistica fu piuttosto lenta.
Da ragazzo era stato messo dal padre ad apprendere presso un anonimo pittore, ma né costui, né Raffaellino del Garbo, nella cui bottega Agnolo passò più tardi, si possono considerare come suoi veri maestri, più che maestro, padre all'anima all'ingegno, gli fu Iacopo Carrucci, detto il Pontormo, da cui il B. attinse, se non lo spirito, l'essenza tecnica del proprio stile.


La prima evidente prova che il B. diede del suo talento fu il ritratto di Guidobaldo duca d'Urbino, dipinto intorno al 1533.
In una serie successiva di ritratti dipinti fra il 1533-1540 (quelli di Bartolomeo e di Lucrezia Panciatichi, di Ugolino Martelli, forse anche quello dello Scultore al Louvre) il B. rivela tutta la maturità della sua arte e del suo ingegno.
In seguito, la maniera del B. si evolverà verso un senso più astratto della forma, una maggiore acutezza e fermezza di disegno, una semplificazione sempre più scultoria dei piani e dei volumi.
L'arte del B. è come un riflesso freddo e pacato, un'algida ossidazione di quella di Michelangelo e del Pontormo.
Tutte le immagini del vero sensibile, il colore compreso, appaiono nei quadri di cotesto pittore filtrate e sublimate attraverso ad una scienza vigile e sicura, che solo in grazia della sua intensità e perfezione attinge la lirica e diviene arte.

La pittura, nel B., tende al rilievo e alla sodezza della scultura; le figure dànno piuttosto il senso del marmo gelido, duro, polito, che quello delle vive carni; e tutte le forme indistintamente, anche le più minute, sembrano scolpite o sbalzate, tanto i loro contorni sono vivi, netti, palesi.
L'acuto senso estetico dei Fiorentini, dopo le sapienti esperienze dei Quattrocentisti, trova nel B. la sua conclusione e il suo punto morto.


Non è da escludersi che attraverso gli esempî di Piero di Cosimo (v.), come nel ritratto di dama intitolato La Maddalena nella galleria Corsini di Firenze, il B. abbia accolto le suggestioni della puntualità veristica fiamminga, che fu peraltro elevata da lui ad un'eccezione tutta metafisica e platonica, giusta l'atmosfera spirituale che la cultura. umanistica e il genio di Michelangelo avevano creato in Firenze.

Il B., considerato in passato artista di scarso valore, soltanto ai nostri giorni ha ricevuto dalla critica una precisa valutazione che gli assegna un equo posto, subito dopo gli astri maggiori del Rinascimento maturo, a fianco del Pontormo, piuttosto sopra che accanto ad Andrea del Sarto, e ben più alto, certamente, dello stuolo dei michelangioleschi fiorentini, nel cui mazzo per l'addietro veniva confuso.

Il B. si dilettò anche di lettere e fu poeta forbito e vivace, se non originale. Il platonismo e il petrarchismo, allora in voga, gli fecero scrivere sonetti dedicati alle virtù più che alla bellezza di Laura Battiferri, gentildonna letterata moglie dell'Ammannati.
Ma scrisse anche capitoli umoristici e salaci, alla maniera bernesca, pieni di vita e di brio. Fu accademico della Crusca e come tale difese la purezza e l'aristocrazia dell'idioma fiorentino, senza peraltro irrigidirsi nel misoneismo pedante dei puristi. | © Mario Tinti, Treccani, Enciclopedia Italiana.