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Venus de Milo


This graceful statue of a goddess has intrigued and fascinated since its discovery on the island of Melos in 1820.
Is it Aphrodite, who was often portrayed half-naked, or the sea goddess Amphitrite, who was venerated on Melos?
The statue reflects sculptural research during the late Hellenistic Period: classical in essence, with innovatory features such as the spiral composition, the positioning in space, and the fall of the drapery over the hips.


The discovery of a mutilated masterpiece

The Venus de Milo was discovered in 1820 on the island of Melos (Milos in modern Greek) in the south-western Cyclades. The Marquis de Rivière presented it to Louis XVIII, who donated it to the Louvre the following year. The statue won instant and lasting fame.
Essentially two blocks of marble, it is comprised of several parts which were sculpted separately (bust, legs, left arm and foot) then fixed with vertical pegs, a technique which was fairly common in the Greek world (especially in the Cyclades, where this work was produced around 100 BC).
The goddess originally wore metal jewelry - bracelet, earrings, and headband - of which only the fixation holes remain.
The marble may have been embellished with (now faded) polychromy. The arms were never found.


A mysterious goddess with neither name nor attributes

The goddess is shrouded in mystery, her attitude a persistent enigma.
The missing pieces of marble and absence of attributes made the restoration and identification of the statue difficult. A whole range of positions have been suggested: leaning against a pillar, resting her elbow on Ares' shoulder, or holding a variety of attributes.
According to whether she held a bow or an amphora, she was Artemis or a Danaid.


She is popularly thought to represent Aphrodite, because of her half-nakedness and her sensual, feminine curves.
She may have held an apple - an allusion to the Judgement of Paris - a crown, a mirror, or a shield in which she admired her reflection. However she might also be the sea goddess Amphitrite, who was venerated on the island of Melos.



A Hellenistic creation: a blend of classical tradition and innovation
The statue has sometimes been thought to be a replica, freely inspired by an original from the late 4th century BC, because of its resemblance to the Aphrodite of Capua (Museo Archeologico Nazionale, Naples) - a similar style Roman work, copy of a Greek original. The Venus de Milo certainly revives the classical tradition, but would appear to be a classicizing re-creation dating from the late 2nd century BC.



The goddess's air of aloofness, the harmony of her face and her impassivity are stamped with the aesthetics of the 5th century BC; the hairstyle and delicate modeling of the flesh evoke the works of 4th-century sculptor Praxiteles.
However, the sculpture reflects innovations that appeared during the Hellenistic period, between the 3rd and 1st centuries BC.
The spiral composition, the positioning of the figure in three-dimensional space, and the small-breasted, elongated body are characteristic of this period.
The goddess is arrested in time, holding her legs together as the drapery slides over her hips. Her nudity contrasts with the effects of light and shade of the finely-detailed drapery. | © Musée du Louvre, Paris - France





L’Afrodite di Milo, meglio conosciuta come Venere di Milo, è una delle più celebri statue greche ⎆.
Si tratta di una scultura di marmo pario alta 202 cm priva delle braccia e del basamento originale ed è conservata al Museo del Louvre di Parigi ⎆.
Sulla base di un'iscrizione riportata sul basamento andato perduto si ritiene che si tratti di un'opera di Alessandro di Antiochia anche se in passato alcuni la attribuirono erroneamente a Prassitele.

Storia

La Venere di Milo risale al 130 a.C. circa: è dunque un'opera ellenistica, sebbene si tratti di una scultura che fonde i diversi stili dell'arte del periodo classico.

Venne ritrovata spezzata in due parti nel 1820 sull'isola greca di Milo da un contadino chiamato Yorgos Kentrotas. Kentrotas nascose l'opera la quale fu poi tuttavia sequestrata da alcuni ufficiali turchi.
Un ufficiale della marina francese, Olivier Voutier, ne riconobbe il pregio e, grazie alla mediazione di Jules Dumont d'Urville e del Marchese di Rivière, ambasciatore francese presso gli ottomani, riuscì a concluderne l'acquisto.
Dopo alcuni interventi di restauro, la Venere di Milo fu presentata al re Luigi XVIII nel 1821 e collocata al museo del Louvre, dove è tuttora conservata.
La grande fama raggiunta dall'opera nel XIX secolo non fu dovuta soltanto alla sua bellezza e alla sua perfezione, ma anche alla "propaganda" delle autorità francesi.
Nel 1815, infatti, la Francia dovette restituire la Venere de' Medici agli italiani, dopo che questa era stata portata in Francia da Napoleone Bonaparte.

Venere de' Medici, I sec. a.C. Galleria degli Uffizi, Firenze

La Venere di Milo, dunque, venne "sponsorizzata" dai francesi per rimpiazzare così la perdita dell'altra opera.
Celebrata da artisti e critici, la Venere di Milo fu da molti considerata una delle più significative rappresentazioni della bellezza femminile; l'unico che si distinse fu Pierre-Auguste Renoir che la liquidò definendola "un gran gendarme".



Descrizione e stile

Afrodite si leva stante col busto nudo fino all'addome e le gambe velate da un fitto panneggio. Il corpo compone una misurata tensione che richiama un tipico chiasmo di derivazione policletea. Il modellato è reso con delicate suggestioni chiaroscurali, col contrasto tra il liscio incarnato nudo e il vibrare della luce nei capelli ondulati e nel panneggio increspato della parte inferiore.

Non si conosce precisamente quale episodio mitologico della vita di Venere venga rappresentato: si ritiene possa essere una raffigurazione della Venus Victrix che reca il pomo dorato a Paride: tale interpretazione ben si accorderebbe con il nome dell'isola dove è stata ritrovata (milos - mήλος - in lingua greca, significa infatti "mela").
Del resto, alcuni frammenti di un avambraccio e di una mano recante una mela sono stati ritrovati vicino alla statua stessa. In generale comunque colpisce l'atteggiamento naturale della dea, ormai lontana dalla compostezza "eroica" delle Veneri classiche dei secoli precedenti.
Dopo il ritrovamento dell'opera, sono stati numerosi i tentativi di ricostruirne la posa originaria -una raffigurazione ad opera di Adolf Furtwängler riproponente la forma originale dell'opera è pubblicato in un articolo di Kousser. | © Wikipedia